La recente sentenza della Corte suprema inglese che riconosce la scientologia come religione nel Regno Unito, introduce una vera e propria rivoluzione. Per la prima volta nella storia della civiltà occidentale, si ammette che una religione può non contemplare l’adorazione di un Dio. Ad una religione senza Dio ci era già andato vicino il buddhismo. La scientologia varca definitivamente il confine. Ora anche il mondo degli Hobbit può diventare liberamente oggetto di fede. La sentenza della Corte suprema inglese non è un’eccentrica decisione di giudici buontemponi ma un segno dei tempi, il riflesso di un cambiamento radicale della percezione religiosa nella nostra società. Dio non è morto come pronosticava Nietzsche, è scomparso. È diventato semplicemente irrilevante. Un processo che ha almeno il vantaggio, per chi riesce ancora a restare lucido, di rivelare infine ogni religione per quello che è: un’invenzione, un abbaglio, una droga o anche solo un bel romanzo di fantascienza, come quelli che scriveva L. Ron Hubbard, il fondatore della scientologia.
Del resto questa tendenza all’elisione di Dio è visibile anche nelle chiese tradizionali. Lo mostra l’ultima iniziativa di Papa Bergoglio che lancia un’indagine fra i cattolici per sondare la loro opinione su temi come l’omosessualità, l’aborto, il matrimonio, l’eutanasia. La prima volta nella storia della chiesa di Roma che un Papa chiede il parere dei fedeli. Tutti quelli che vedono in questo un fatto positivo, o non sono cattolici o non hanno capito niente della loro religione. Una religione non è un’opinione, è un dogma. Omosessualità, aborto, matrimonio e eutanasia sono argomenti accuratamente trattati dal catechismo della chiesa cattolica che per ognuno esprime chiaramente la posizione della chiesa. Non c’è spazio per opinioni personali. Se il credente può avere un’opinione non è più un credente e la sua non è più una religione ma un club, un dopolavoro, una polisportiva. Forse l’unico modo per garantire un futuro alle chiese è ormai questo: abolire Dio. E adorare infine liberamente l’uomo. Ma non l’uomo astratto dell’ideale umanistico bensì l’uomo forte, il leader, il capo della chiesa o del partito, il suo carisma, il suo potere.
Diego Marani