Bruxelles – Il governo di minoranza di Pedro Passos Coelho è stato sfiduciato dal Parlamento del Portogallo. A votare la mozione l’alleanza tra socialisti, la Sinistra Unita e dal blocco composto da Comunisti e Verdi. La sfiducia era praticamente scontata visto che seppur i Socialdemocratici (partito di centrodestra) siano stati i più votati alle elezioni del 4 ottobre scorso (con il 38% dei consensi), non avevano comunque la maggioranza dei seggi e potevano contare solo su 107 parlamentari su 230. I partiti di sinistra insieme avevano invece 123 deputati, 8 in più di quelli necessari per governare. Il presidente della Repubblica, Anibal Cavaco Silva, si era però rifiutato di affidare l’incarico di governo ai socialisti per impedire la formazione di un governo con i comunisti, cosa che dalla fine della dittatura in Portogallo non è mai successa.
Adesso Cavaco Silva ha due alternative, la prima è quella di chiedere ancora a Passos Coelho di governare fino all’indizione di nuove elezioni, che però potranno esserci solo nella seconda metà del prossimo anno visto che il presidente è a scadenza di mandato e quindi nel suo semestre bianco. Si trattarebbe quindi di una paralisi istituzionale molto grave per il Portogallo in quanto un governo ad interim non può, secondo le regole del Paese, approvare il bilancio e quindi di rispettare gli impegni presi con l’Europa. L’altra ipotesi è che affidi il compito di formare un governo al leader dei socialisti, António Costa, che è già arrivato a un compromesso con le altre forze della sinistra e si è dichiarato pronto a governare affermando di voler portare il Portogallo fuori dalla morsa dell’austerità in cui è stato negli ultimi anni. Tra le misure ipotizzate lo scongelamento delle pensioni, l’aumento dei salari dei dipendenti pubblici fino ai livelli del 2011 nonché del salario minimo, la riduzione delle tasse sulle fasce di reddito più basse e l’aumento per quelle più abbienti, ma anche lo stop alle privatizzazioni avviate su richiesta dell’Ue e la la rinazionalizzazione di alcune società pubbliche vendute per ripagare i debiti del Paese.