Bruxelles – Se non corresse il rischio di culminare con l’arresto, quella di Carles Puigdemont potrebbe essere raccontata come una favola che inizia con “c’era una volta un bambino che si fece cucire una bandiera catalana dalla madre” e termina il dieci ottobre del 2017 col bambino, ormai politico, che dichiara l’indipendenza durante la seduta al Parlamento regionale. Perché, per il presidente dell’esecutivo catalano, la secessione non è mai stata un capriccio o una mossa politica ma la lotta di una vita. Un po’ come la libertà per Ernesto Che Guevara, e il rispetto delle regole per il ministro delle Finanze tedesco Wolfang Schäuble.
“L’uomo che fa tremare la Spagna” nasce il 29 dicembre 1962 ad Amer, un paesino di duemila abitanti in provincia di Girona. Figlio di pasticceri, e anche per questo gira la battuta che “la crema catalana e il pan di Spagna non vanno più insieme”, Carles s’iscrive alla facoltà di Filologia ma non termina gli studi, per dedicarsi alla carriera di giornalista. Scrive, tanto, ma non solo. Utilizza le nuove tecnologie, si fa conoscere sulla rete. Giovanissimo, diventa il caporedattore di Punt Diari. I suoi articoli vertono sempre un un tema: l’indipendenza della Catalogna. Il mondo, però, non sembra sapere nulla della sua regione. Puigdemont, ormai membro della Gioventù nazionalista della Catalogna, prova a risolvere con qualche articolo sulla stampa internazionale. Non ci riesce ed è allora che fonda l’Agence catalane d’information e Catalonia today, un quotidiano in inglese per i lettori fuori confine.
Non soddisfatto, decidere di lottare per la sua causa scendendo in politica. Nel 2007, quando è già parlamentare, si candida alle elezioni locali a Girona con il partito Convergenza e Unione. Non vince. Ci riprova nel 2011. È la volta buona. Sconfigge i socialisti, perché lui è di un partito di centrodestra, e diventa sindaco. Quattro anni dopo, Artur Mas si dimette e lo sceglie come suo successore alla presidenza della Generalitat, l’esecutivo catalano. Da allora, di acqua sotto i ponti ne è passata e i due politici non sono più grandi amici, tant’è che Mas non sostiene neanche la campagna del collega. “La Catalogna non è pronta per una vera indipendenza”, ha detto l’ex premier in un’intervista al Financial Times.
Gli ideali e i capelli di Puigdemont, invece, sono rimasti gli stessi. “Il quinto Beatle”, come lo soprannomina la stampa, continua a portare lo stesso taglio di capelli di quando era ragazzo per nascondere le cicatrici di un grave incidente di cui è rimasto vittima, e a battersi per una Catalogna indipendente. Il suo sogno potrebbe avverarsi tra poche ore, con una dichiarazione unilaterale di indipendenza da lui stesso proclamata. La polizia, però, rischia di infrangerlo. Secondo fonti citate da Bloomberg, su Puigdemont pende un mandato di cattura e allora, per il presidente dell’esecutivo non si apriranno le porte di casa, dove lo attendono una moglie rumena di quindici anni più giovane e due figlie, ma quelle della prigione. D’altronde, il vice segreatario alla Comunicazione del partito popolare Pablo Casado lo aveva avvertito: “rischi di finire come Companys (il presidente della Catalogna che nel 1934 ne proclamò l’indipendenza e fu immediatamente arrestato e poi fucilato dai franchisti nel 1940 dopo un tentativo di fuga, ndr)”.