Bruxelles – Le professioni sono un “bene pubblico”, e anche come tali vanno protette di fronte alle sfide che affrontano in questi anni, in particolare quelle che arrivano dalla demografia e dalla digitalizzazione. L’ha messa così Birgit Kurz, dell’Istituto sulle libere professioni della Frierdich-Alexander University Erlangen-Nurberg (Ifb), nel tenere il key note speach dell’evento organizzato a Bruxelles da Adepp e Abv, le associazioni degli enti previdenziali privati italiani e tedeschi.
Gli effetti dirompenti di questi due fenomeni in un Europa sempre più “transfrontaliera” richiedono una risposta alla quale l’Unione europea deve collaborare sempre più, tentando di andare oltre le iniziative assunte negli ultimi decenni.
Il problema, ha detto Kurz, è che le differenze sono ancora molte, in un settore che occupa il 22 per cento dei lavoratori europei. Le stesse definizioni delle singole professioni “non sono uniformi, ed anche le loro forme organizzative sono diverse”. Dunque un primo passo per poter comparare pe intervenire è “definire un sistema di categorie”, che, soprattutto “riconosca il valore sociale ed economico delle professioni”.
Lo ha spiegato Alberto Oliveti, presidente di Adepp: è necessario poter esprimere al massimo la professionalità dei professionisti europei, in un mondo nel quale il cambiamento è sempre più accelerato e nel quale dobbiamo riuscire ad adattarci per non essere travolti”. La parola chiave di Oliveti è “flessibilità”, nell’organizzazione dei lavori ma anche nella gestione previdenziale, “creando un circolo virtuoso nel quale i capitali che gestiamo possano servire da volano per sostenere i nuovi professionisti, e questi gli anziani”. Uno dei problemi del settore è che le “coorti” dei gruppi di età sono sempre più sbilanciate: gli anziani che vanno in pensione sono molti di più dei giovani che entrano e, per fortuna loro, vivono più a lungo che in passato. Dunque, come garantire l’assistenza? In sostanza, dice Oliveti, permettendo di aiutare un aumento della ricchezza prodotta dalle nuove generazioni. Tema che riguarda sia aspetti puramente finanziari per il sostegno, sia aspetti di modernità come “l’impatto della digitalizzazione, che deve essere un aiuto alle professioni, e non una sostituzione”.
Stefano Sacchi, presidente dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (Inapp), ha spiegato che “i nostri dati dicono che le professioni liberali sono in generale a minor rischio di sostituzione da parte delle macchine (con l’eccezione di alcuni settori del giornalismo) per il loro alto contenuto di compiti non ripetitivi, orientati al cliente e che richiedono pensiero critico, adattabilità e la capacità di risolvere problemi sempre diversi”. Per Sacchi però “le stesse caratteristiche rendono assolutamente essenziale l’aggiornamento continuo delle competenze da parte dei professionisti. Competenze tecniche, ma anche trasversali come le skills sociali senza le quali anche il professionista più bravo è tagliato fuori dal mercato”.
Una risposta a quanto di nuovo arriva dalla tecnologia è, ha sostenuto l’eurodeputata dei Socialisti&Democratici Evelyn Regner, “accogliere le sfide e gestire la qualità senza protezionismi”, investendo molto “sulla formazione”. “Le competenze vanno costantemente aggiornate”, le ha fatto eco Oliveti, sottolineando che questo è indispensabile anche “per garantire a che ne usufruisce che il servizio reso è espressione del ruolo del professionista per una finalità pubblica a tutela dei diritti fondamentali, come sono ad esempio la salute e il lavoro”.
Dunque i professionisti europei vedono la concorrenza come uno degli elementi dello sviluppo, che contribuisce a “garantire la qualità, la crescita e la competitività dell’Unione”.