Bruxelles – Ogni anno ben 120.000 lavoratori altamente qualificati (cioè che hanno continuato i loro studi dopo il liceo) lasciano la zona euro per trovare una nuova occupazione altrove. Per reagire alla fuga di cervelli l’Europa deve puntare sulle startup, e rendere l’Unione un posto ambito per i giovani imprenditori. E’ la tesi espressa su Euractiv.com da Lenard Koschwitz, direttore degli affari europei presso la Allied for startups, secondo il quale un passo necessario è la creazione di un visto per le startup, valido per tutta l’Ue, per facilitare gli imprenditori nel processo di creazione di nuove imprese e nell’assunzione di dipendenti di talento. Koschwitz ritiene che la ricetta del successo sia un mix di mercato, talento, cultura e capitale all’interno di un quadro normativo attraente. Un visto per le startup potrebbe quindi essere il punto di partenza per convincere i lavoratori e gli imprenditori a restare nell’Ue.
In vista della proposta che già domani dovrebbe essere dalla Commissione europea per la creazione di una ‘carta blu’ per i lavoratori altamente qualificati, Koschwitz si augura che l’esecutivo ascolti ciò che è stato chiesto dagli Stati durante lo scorso Consiglio competitività: “Incrementare l’espansione transfrontaliera delle start-up e l’attrattiva dell’Unione europea per gli innovatori”. Nel frattempo il direttore degli Affari europei per Allied for startups evidenzia alcuni aspetti del visto europeo per le startup che potrebbero avere ricadute positive su tutta l’economia europea.
1.Aumentare l’attrattività per l’intera economia europea
Non è detto che un visto per le startup ben concepito attiri un alto numero di imprenditori, ma è anche vero che uno concepito male o la sua totale assenza dissuaderà totalmente i lavoratori dall’usufruirne. Attualmente esistono nei Paesi dell’Unione otto programmi di visto per le startup, ma la maggior parte di questi non raggiunge gli obiettivi. In Irlanda, per esempio, nonostante un funzionante ecosistema per gli imprenditori, sono state ricevute solo 50 applicazioni in tre anni.
2. Collaborazione pubblico-privata focalizzata sugli imprenditori
L’approvazione del visto dovrebbe essere una decisione basata sul business, quindi non dovrebbe essere nelle mani delle amministrazioni che, invece, devono garantire che gli imprenditori abbiano sia i mezzi sia le assicurazioni necessarie per il loro soggiorno.
3. Dare spazio agli innovatori può portare ricadute positive
Alcuni programmi nazionali, come Supporto imprenditoriale in Spagna e l’ internationalisation Act, cercano d’incanalare l’innovazione verso settori e industrie specifici. Ma è importante riconoscere che cambiare direzione e settori è una parte costitutiva delle startup. Queste sono mobili e spesso si trasformano fino a che non riescono a trovare il prodotto giusto per il mercato. Un visto europeo non dovrebbe quindi essere limitato a determinati settori.
4. Procedure semplici e accelerate
Imprenditori ad alto potenziale e individui di talento potrebbero scegliere l’Ue se questa avesse da offrire un giusto mix di dimensioni del mercato, capitale, cultura, talento, densità e regolamentazione. È importante ricordare ai policymakers che non è il visto che attrae, ma l’intero ecosistema. Un visto ideale per gli imprenditori high-tech e high-growth deve essere facile da ottenere, o comunque non deve comportare ritardi nella creazione delle loro attività.
5.Abbracciare l’insuccesso per il beneficio di tutti
E’ difficile dire se una startup avrà effettivamente successo, ma a prescindere dal suo esito economico il processo di costruzione di una società influisce positivamente non solo sul fondatore, ma sull’intera economia circostante. Nella Silicon Valley il 50% delle startup ha almeno un immigrato come fondatore chiave, contribuendo così alla diversità culturale, all’apertura e alla creatività dell’ecosistema. Nell’Ue invece solo il 10% dei fondatori sono migranti e solo 3 su 10 dipendenti nelle startup provengono da un Paese diverso da quello in cui è situata l’impresa.
6.Pensando al prossimo passo
Il visto sarebbe il primo grande passo per realizzare la visione digitale dell’Europa. Ma c’è ancora molto da fare. I governi per primi devono capire che il loro contributo nel settore degli stipendi e delle abitazioni è fondamentale per mantenere le aziende di successo. Inoltre l’Europa deve introdurre delle norme non solo per le persone che hanno intenzione di creare delle startup, ma anche per facilitare la migrazione di coloro che lavorano presso una azienda tech europea. Lo stesso dovrebbe valere anche per gli investitori, per fare in modo che il denaro fluisca dove ci sono le startup, e non il contrario.