Roma – “Non tutte le Regioni avranno un ‘innovation hub’ (polo dell’innovazione, ndr), perché questo richiede eccellenze” e non tutte le possiedono. Intervenendo a un convegno sull’Industria 4.0, organizzato a Montecitorio, il ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda, non usa mezzi termini per annunciare che “il governo dovrà fare delle scelte”, e che queste “scontenteranno sicuramente molti” che ambiscono ad avere dei centri di raccordo tra università, enti di ricerca e mondo dell’industria in grado di promuovere l’innovazione, come previsto anche dalla strategia della Commissione europea sull’industria del futuro.
“Il rischio è che si ripeta quanto avvenuto per gli incubatori di start-up, con un fiorire di posti dove semplicemente si affittavano uffici a giovani imprenditori”, avverte l’esponente dell’esecutivo. La previsione del ministro è che, “come fu per le start-up, da domani ogni Regione, ogni Provincia e ogni ente territoriale comincerà a parlare di industria 4.0, facendo un gran casino”. Compito del governo “è non assecondarlo”, indica. “Non posso impedire a una Regione di fare il proprio innovation hub”, precisa, “ma posso decidere di non aiutarla se non ci sono le condizioni”.
L’oggetto dell’incontro, al quale ha preso parte anche il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, era la presentazione del rapporto sull’Industria 4.0 nato da un’indagine conoscitiva avviata lo scorso febbraio dalla commissione Industria della Camera. La relazione si chiude con la proposta di una strategia per la “via italiana” alla quarta rivoluzione industriale, per usare parole di Guglielmo Epifani, presidente della stessa commissione, il quale sottolinea come “digitalizzazione e interconnessione delle imprese” possa valere un “aumento della produttività tra il 30% e il 50%”. Un dato “enorme”, prosegue, grazie al quale “chi ha decentrato per ridurre i costi, oggi sarebbe in grado di far tornare a casa quelle produzioni che ha portato all’estero”, con un conseguente ritorno in termini occupazionali per il Paese.
La strategia indicata dai deputati della X commissione è stata fatta propria dal ministro, il quale annuncia “per la prima settimana di agosto” la presentazione del piano del governo per l’industria 4.0, anticipando che sarà basato sugli “investimenti, l’unica ricetta possibile”, e improntato alla “neutralità tecnologica e di settore”, perché non è compito del governo indicare quale tecnologia né quale settore saranno quelli trainanti.
La proposta del Parlamento si basa su 5 pilastri. Il primo riguarda la governance della transizione verso l’industria 4.0, e propone l’istituzione di una cabina di regia che conivolga i ministeri dello Sviluppo economico, dell’Istruzione e ricerca, dell’Economia, l’Agenzia per l’Italia digitale insieme con gli enti locali, le Università, le organizzazioni sindacali e il mondo economico e imprenditoriale.
Cabina di regia che “partirà dalla prossima settimana”, ha annunciato Calenda, anche se “all’inizio sarà gestita a livello centrale” dell’esecutivo, e solo in un secondo momento verranno coinvolte le Regioni.
Secondo pilastro sono le “infrastrutture abilitanti”, quelle necessarie a creare un ambiente favorevole all’evoluzione industriale: banda ultralarga; reti wireless e 5g, reti elettriche intelligenti, digitalizzazione della Pubblica amministrazione e innovation hub. La terza colonna è relativa alle competenze digitali, da diffondere promuovendo la formazione dei ‘neet’ (giovani che non studiano e non levorano), ma anche del management intermedio delle aziende e con programmi di formazione scolastica e post scolastica. La ricerca, con un’attenzione puntata sulle università e sui grandi centri in grado di competere a livello internazionale, rappresenta il quarto elemento portante, mentre il quinto riguarda il grado di apertura dell’innovazione, ad esempio promuovendo l’interoperabilità e la diffusione di standard aperti.
Anche Confindustria apprezza gli stimoli offerti dall’iniziativa della commissione di Montecitorio. Per Boccia “la questione dell’industria 4.0 è italiana ed europea”, e bisogna “essere più spinti su questo argomento”. Nel corso del suo intervento, il leader degli industriali italiani segnala poi un ulteriore campo nel quale è necessaria innovazione: quello del credito. “Mentre una volta si investiva molto in macchinari e capannoni, oggi le aziende che vanno meglio investo molto sulle attività immateriali”, indica. Di fronte a ciò, si chiede, quando devono decidere se erogare o no un finanziamento, “le banche sono in grado di valutare anche questi aspetti?”. Anche questo di mostra, a suo avviso, che ciò che serve a sviluppare l’industria 4.0 è “una testa 4.0”.