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Ue e Canada cercano accordo sui visti a Romania e Bulgaria, per salvare il Ceta

Ue e Canada cercano accordo sui visti a Romania e Bulgaria, per salvare il Ceta

Tra Bruxelles e Ottawa c'è un patto per l'esenzione che non è applicato però ai due Paesi dell'Est che minacciano di porre il veto al trattato di libero scambio se non finirà questa discriminazione

Bruxelles – Unione europea e Canada provano a trovare una soluzione alla questione dei visti che Ottawa, in deroga agli accordi di esenzione stipulati con Bruxelles, mantiene per due Paesi membri: Bulgaria e Romania. Il commissario all’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos, ha incontrato il ministro canadese John McCallum, insieme ai rappresentanti dei governi romeno e bulgaro, rispettivamente Dragos Tudorache, a capo della Cancelleria del primo ministro romeno e Rumen Alexandrov e Philip Gounev, vice ministri degli Esteri e degli Interni della Bulgaria. Avramopoulos ha reiterato la richiesta della “piena reciprocità” sull’esenzione dei visti, che deve quindi riguardare tutti gli Stati membri, spiega una nota dell’esecutivo comunitario in cui si legge che le parti “sono d’accordo sulla necessità di compiere passi concreti per migliorare la situazione attuale”. Domani l’esecutivo dovrebbe pronunciarsi sulla questione che resta aperta da più di due anni.

E sul tavolo c’è molto di più della semplice reciprocità nell’esenzione, c’è anche il destino dell’accordo di libero scambio tra Ue e Canada. Il Ceta è stato proposto dalla Commissione come un accordo”misto”, e questo significa che dovrà passare al vaglio, non solo di Parlamento e Consiglio Ue, ma anche di tutte le Camere dei Paesi membri, e Romania e Bulgaria sono pronte a porre il loro veto al trattato se l’obbligo di visto per andare in Canada, che permane in Europa solo per loro e Repubblica Ceca, non verrà tolto.

La questione della reciprocità sui visti prosegue da tempo, ad aprile la Commissione era arrivata anche a minacciare Stati Uniti e Canada di sospendere per un anno l’esenzione per i cittadini canadesi e statunitensi, essendo arrivata a un periodo di tolleranza di 24 mesi dalla notifica della situazione di irregolarità. Ma l’esecutivo guidato da Jean-Claude Juncker ha preferito poi proseguire con la linea morbida piuttosto che inasprire il confronto.

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