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Renzi chiama il Pd a congresso e Padoan alla battaglia con l'Ue sulla manovra correttiva
Matteo Renzi

Renzi chiama il Pd a congresso e Padoan alla battaglia con l'Ue sulla manovra correttiva

Bersani e la sinistra dem chiedono al segretario di garantire che il governo Gentiloni arrivi a fine legislatura

Roma –  “Noi non possiamo spremere ulteriormente i cittadini”. Il segretario del Pd, parlando alla Direzione nazionale dei democratici, lancia la fase congressuale del principale partito di maggioranza per andare al voto nel più breve tempo possibile, e proiettandosi già dalla campagna per il Congresso a quella elettorale vuole evitare in ogni modo di rispondere con un aumento della pressione fiscale alle rischieste di correttivi al bilancio che arrivano da Bruxelles. Quindi, pur dicendosi “contro una procedura di infrazione” per debito eccessivo, che “è da evitare con tutti gli sforzi” ritiene sia arrivato “il momento di dire con forza che i 3,4 miliardi di euro” chiesti dai commissari Moscovici e Dombrovskis “ si recuperano non aumentando le accise ma con un disegno che permetta all’Italia di continuare la curva della crescita”.

Renzi sa bene che “bisognerà discutere con Bruxelles”. Invita il ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan a trovare il miglior accordo possibilile, e ritiene che “saremo agevolati dai dati del Pil, che saranno superiori rispetto a quelli che avevamo scritto” nelle previsioni per il 2016, stilate a suo avviso con un eccesso di prudenza. In ogni caso, si può parlare di web tax e aumento della lotta all’evasione, ma non di nuove tasse che farebbero perdere voti.

Il segretario dem è convinto di vincere la partita congressuale e non vuole compromettere la corsa per un rientro a Palazzo Chigi. Punta ancora sulla retorica del cambiamento delle regole dell’austertità e ricorda che questo è “l’anno in cui bisognerà riaprire la discussione sul Fiscal compact”, non senza addossare anche a “qualcuno dei presenti” la responsabilità di aver messo il pareggio di bilancio in Costituzione.

Una responsabilità in qualche modo rivendicata da Pier Luigi Bersani, segretario del Pd all’epoca del governo Monti durante la quale fu presa quella decisione, nel 2012. Bersani frena la corsa di Renzi alle elezioni anticipate e lo richiama a “correggere e aggiustare”, “prima di tutto il Paese”. Quello dell’ex segretario sembra l’invito a un atteggiamento responsabile analogo a quello che tocco a lui cinque anni fa con il sostegno al governo Monti. “Bisogna dire chiaramente che il Pd garantisce all’Europa, ai mercati e ai cittadini italiani che il nostro governo arriva a fine legislatura”, ammonisce Bersani.

Una promessa che Renzi non ha voglia di fare, tanto che in direzione si evita di votare sul documento della minoranza che impegnava il partito a sostenere l’esecutivo Gentiloni fino alla scadenza naturale. La partita è però rinviata all’Assemblea nazionale del Pd, quando sabato prossimo saranno formalizzate le dimissioni del segretaruio e si decideranno i tempi e le modalità del congresso. Dal risultato dell’Assemblea si capirà se Renzi potrà coltivare ancora la speranza di un voto anticipato o se, come sembra più probabile, dovrà arrendersi all’idea di far arrivare la legislatura al termine concedendo agli avversari, interni ed esterni, il tempo per riorganizzarsi.

 

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