Roma – I negoziati tra il Regno unito e l’Ue per la Brexit “hanno sancito progressi sufficienti” nella prima fase, quella sul divorzio. È questa la posizione che il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, terrà al Consiglio europeo di giovedì e venerdì prossimo. È lo stesso premier a illustrarla in Parlamento, dove parla di passi avanti sufficienti su tutti e tre i punti principali della trattativa per il divorzio tra Uk e Ue, diritti dei cttadini, conto economico e confine irlandese. Il premier predice difficoltà maggiori nel negoziato sui rapporti futuri, annuncia che su un altro punto all’ordine del giorno, la questione migranti, rinnoverà la richiesta che tutti i partner europei se ne facciano carico, ed esprime apprezzamenti moderati per il pacchetto della Commissione europea sulla governance economica.
Sulla Brexit “la posta in gioco è molto alta”, avverte Gentiloni mostrandosi però ottimista sul fatto che le soluzioni fin qui individuate possano andare bene. Riguardo alla frontiera tra Irlanda e Ulster, il premier spiega che “si è arrivati a una definizione per cui non ci saranno controlli di confine né tra Belfast e Dublino, né tra Belfast e Londra”, anche se “certamente sarà difficile” definire operativamente come si tradurrà questo principio. Gentiloni è soddisfatto anche dell’intesa sui diritti dei cittadini Ue residenti in Gran Bretagna, i quali vedranno riconosciuti “i diritti acquisiti” e sul tema restano solo “aspetti secondari ancora in discussione, ma che credo verranno risolti”. Infine, pure le rassicurazioni sul mantenimento degli obblighi finanziari sono sufficienti, secondo Gentiloni, per passare alla fase due del negoziato, quella sul post-Brexit.
Si tratta di una “fase che non sarà più semplice ma più complicata della prima”, prevede il capo dell’esecutivo ricordando che il negoziato avverrà in due momenti “distinti”, dal momento che prima dei nuovi rapporti si discuterà di una fase di “transizione di un paio di anni dalla data fatidica del 29 marzo 2019”, quella fissata per l’addio.
Tra gli altri temi all’ordine del giorno del Vertice europeo ci sarà la questione migratoria, e Gentiloni annuncia che tornerà a battere i pugni sul tavolo. Saluta positivamente l’offerta di 35 milioni di euro da parte dei Paesi del gruppo Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovachia e Repubblica Ceca) che vogliono contribuire “all’azione esterna dell’Italia” e avranno un incontro con Gentiloni e il presidente della Commmissione Ue, Jean Claude Juncker, a margine del Consiglio. Tuttavia torna a sferzare tutti i partner dell’Unione sottolineando i risultati ottenuti dal governo in termini di riduzione degli arrivi e chiedendo “agli amici europei se su questi risultati è giunto finalmente il momento di investire tutti insieme come Paesi dell’Ue”, e non limitarsi agli “aiuti economici della commissione, della Germania e di qualche altro Paese”.
Sulla cultura, altro punto che verrà discusso dai capi di Stato e di governo riuniti a Bruxelles, Gentiloni rivendica che “su proposta italiana si deciderà l’istituzione della carta europea dello studente, che darà accesso a facilitazioni di istituzioni culturali e mobilità”. Verrà inoltre adottata la decisione di “uniformare in tutti i paesi Ue la presenza di almeno due lingue straniere a fianco alla lingua madre nei corsi di istruzione”, una decisione che “agevola la diffusione della nostra lingua”, secondo il premier.
Infine, nel formato del Vertice euro si discuterà delle proposte recentemente avanzate dalla Commissione europea sulla nuova governance economica. La discussione “ha un tempo che comincia venerdì mattina ma dovrebbe arrivare a una conclusione a metà del 2018”, indica Gentiloni, che usa “il condizionale perché vi sono già delle spinte a prendere più tempo e vedremo” se prevarranno.
Il capo dell’esecutivo mostra un cauto apprezzamento al pacchetto proposto da Bruxelles, che è “una buona base di partenza”. Cioò vuol dire che “apprezziamo lo sforzo e l’impegno della Commissione, consideriamo che i temi siano giusti, ma riteniamo che su queste medesime proposte si possa e si debba andare più avanti, pur essendo consapevoli che c’è anche un pezzo rilevante della famiglia europea che vorrebbe andare più indietro”. Realizzare un “meccanismo di riserva comunitatio, non affidato alle decisioni di singoli stati”, e in grado di rispondere a eventuali crisi bancarie future, e istituire un “ministro delle finanze europeo” che “non si trasformi in un controllore dei conti pubblici” sono le condizioni essenziali perché il governo sostenga queste riforme, avverte il premier.