Bruxelles – A poco più di un mese di distanza dalle elezioni europee e con l’avvicinarsi del semestre di presidenza finlandese a luglio, Helsinki cambia marcia e decide di non dare nuovamente la fiducia ad un governo a guida centrista, con il partito dell’ex premier, Juha Sipila, fermo al 15% rispetto al 21,1 delle elezioni tenute nel 2015. A vincere è il partito socialdemocratico dell’SDP (Suomen Sosialidemokraattinen Puolue) che prende il 17,7% dei voti, vicinissimo al 17,5% dei populisti di Veri finlandesi (Perussuomalaiset, PS), i quali però registrano un leggerissimo calo dello 0,2% rispetto alle ultime elezioni parlamentari del paese nordico, ma raccogliendo in ogni caso la gioia del vicepremier Salvini, che afferma “insieme cambieremo l’Europa”.
Una vittoria dell’SDP non la si vedeva da più di venti anni, dopo che nel 2003 perse il consenso dei cittadini finlandesi che dal 1966 gli avevano consentito di dominare la scena politica in maniera quasi incontrastata. Proprio il Partito Socialdemocratico Finlandese fu di esempio a quello che sarebbe stato chiamato poi “il modello scandinavo”, ovvero un modello di governo basato su delle politiche sociali molto forti, con una presenza massiccia dello Stato nei settori chiave dell’economia del paese. Ed è stato puntando di nuovo su questa via che Antti Rinne, presidente del Partito socialdemocratico, è riuscito a farsi strada nella campagna elettorale: promettendo un innalzamento delle tasse necessario a rinvigorire le politiche di welfare del paese, che con l’ultimo governo di centro avevano subito dei forti tagli.
I risultati tuttavia non sono molto rassicuranti per la stabilità finlandese. La vittoria per un soffio della sinistra rispetto alla destra populista, unita all’alta frammentazione dei voti assegnati ai vari altri partiti, renderà il lavoro per la creazione di una coalizione stabile all’interno del parlamento molto difficile. Il partito di Coalizione nazionale (Kansallinen Kokoomus, Kok) si ferma vicino ai primi due con il 17% dei voti, potendo così mantenere una posizione delicata all’interno dei giochi di maggioranza, i Verdi prendono il 10,3 per cento (in crescita di quasi il 2 per cento rispetto all’8,5 del 2015) , mentre l’Alleanza di sinistra prende l’8,4. In termini di seggi, su 200 posti totali nella Camera, le stime sono di circa 40 assegnati ai socialisti, 39 al PS, 37 al Kok, 30 al Centro, 23 ai Verdi e 15 alla sinistra, mentre il resto andrà a partiti più piccoli.