Bruxelles – La legge polacca che esclude la possibilità di ricorso contro la valutazione del Consiglio nazionale della magistratura sui giudici candidati alla Corte Suprema viola il diritto dell’Unione la legge e va dunque disapplicata. E’ il parere dell’avvocato generale Evgeni Tanchev, su cui la Corte di giustizia europea dovrà adesso pronunciarsi nelle prossime settimane. Se la Corte dovesse accettare l’impostazione dell’avvocato generale la Polonia si troverebbe costretta a fare retromarcia, pena sanzioni contro il governo di Varsavia.
Introdotta nell’aprile del 2019, la legge contestata stabilisce l’impossibilità di appellarsi in maniera singola alla nomina alla carica di giudice della Corte suprema. Serve dunque che l’intero gruppo di giudici faccia ricorso in blocco. L‘avvocato generale ritiene questo dispositivo in contrasto con il diritto dell’Unione, e più precisamente con quanto previsto dall’articolo 276 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e cioè il principio per cui “i giudici nazionali devono restare liberi di decidere se sottoporre o meno questioni pregiudiziali alla Corte”.
Non solo. La normativa polacca introdotta ad aprile 2019 di fatto ‘chiude’ ogni contenzioso ancora aperto al momento dell’entrata in vigore della nuova norma. Chi ha fatto ricorso ma non ha avuto risposta entro aprile 2019 perde automaticamente il diritto al ricorso. Secondo Evgeni Tanchev così facendo si è di fronte a una “mancanza di apparenza di indipendenza e imparzialità” che viola l’articolo 19 del Trattato sull’unione europea, laddove si stabilisce che “gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione”.
Con le norme introdotte si viola dunque il principio dell’indipendenza del potere giudiziario, e dunque il giudica nazionale “dovrebbe escludere l’applicazione” di disposizioni che avrebbero la conseguenza di escludere ogni possibilità di controllo di un possibile errore nella valutazione dei candidati alla carica di giudice.
In un contenzioso diverso, un altro avvocato generale Gerard Hogan, chiamato anch’egli a esprimersi su un caso relativo alla gestione del potere giudiziario a Malta, chiarisce che la nomina politica dei giudici non viola lo Stato di diritto se poi ai giudici è garantita effettivamente l’indipendenza. Dunque l’intervento della politica e dei governi sul terzo potere ci può essere, a determinate condizioni. Se la Corte dovesse accogliere questo principio, lo stesso principio avrebbe portata generale, e dunque applicabile anche in Polonia.