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Recovery fund: già dal primo febbraio possibile spendere il 13% delle risorse UE

Recovery fund: già dal primo febbraio possibile spendere il 13% delle risorse UE

Parlamento e Consiglio raggiungono l'accordo in sede negoziale: aumentata la soglia del pre-finanziamento dei piani nazionali. Sassoli: "Più soldi agli Stati nel momento più grave della crisi"

Bruxelles – Più soldi da poter spendere subito. Questo l’elemento principale dell’accordo raggiunto tra i negoziatori del Parlamento europeo e del Consiglio dell’UE sul recovery fund, il fondo per la ripresa da 672,5 miliardi di euro previsto dal più ampio meccanismo Next Generation EU da 750 miliardi per rilanciare l’economia dell’Unione e dei suoi Stati membri dopo la crisi prodotta dalla pandemia di COVID-19.

In base all’accordo i governi nazionali possono richiedere un prefinanziamento fino al 13%, invece del precedente limite posto al 10%, per i loro piani nazionali di rilancio. L’importo di 672,5 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti sarà disponibile per finanziare misure nazionali volte ad alleviare le conseguenze economiche e sociali della pandemia, dal primo febbraio 2021 in poi.

Il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, esprime “grande soddisfazione” per l’esito del negoziato. “Il Parlamento europeo ha ottenuto l’aumento dal 10 al 13% degli anticipi del recovery fund. Questo significa che i Paesi che ne hanno maggior bisogno avranno più soldi proprio nel momento più grave e acuto della crisi”.

A proposito di Paesi, “per l’Italia si sale da 20 a 27 miliardi da usare subito” grazie a quest’accordo, precisa l’europarlamentare dei Liberali europei, Sandro Gozi. Dal recovery fund l’Italia beneficerà di 65 miliardi di euro solo in risorse a fondo perduto, a cui si aggiungeranno quelli che il governo deciderà di chiedere in prestito.

Restano ferme le condizioni per poter usufruire dei fondi. Ogni piano nazionale contribuirà con almeno il 37% del suo budget al clima e almeno il 20% alle azioni digitali. SI ribadisce inoltre la natura strutturale degli interventi: i piani dovrebbero avere un impatto duraturo in termini sia sociali che economici e “prevedere una riforma globale e un solido pacchetto di investimenti”. Inoltre, le misure per attuare riforme e progetti di investimento inclusi nei piani RRF non possono danneggiare in modo significativo gli obiettivi ambientali.

Nel rispetto dei poteri di controllo di bilancio del Parlamento, viene inoltre stabilito che ogni due mesi la Commissione europea, responsabile del monitoraggio dell’attuazione del Recovery fund, può essere invitata dalle commissioni parlamentari a riferire sullo stato della ripresa dell’UE e su come gli obiettivi e le tappe fondamentali sono stati attuati dagli Stati membri. In questo esercizio la Commissione “terrà conto dei pareri del Parlamento europeo, comprese le risoluzioni”. Per facilitare questa discussione, la Commissione trasmetterà i piani degli Stati membri contemporaneamente al Parlamento e al Consiglio.

Manca solo l’approvazione dell’Aula e del Consiglio, passaggi necessari per completare l’iter legislativo di un testo comunque frutto di un accordo inter-istituzionale. Per cui a meno di clamorosi colpi di scena, il recovery fund nelle sue condizioni e requisiti è chiuso.

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