Bruxelles – Tensioni in Medio oriente, con le sue ramificazioni nel mar Rosso, e poi la Cina che frena e incide sulla domanda e quindi sull’export a dodici stelle. Il panorama è ammantato di incertezze, e la Commissione europea non può che rivedere al ribasso le stime di crescita per 2024 e 2025. Le previsioni economiche d’inverno sono all’insegna di un taglio di quasi mezzo punto di PIL sia per l’eurozona sia per l’UE nel suo complesso per l’anno in corso. Crescita di Eurolandia pari allo 0,8 per cento quest’anno, in calo rispetto all’1,2 per cento di novembre, e quasi immutata nel 2025: 1,5 per cento anziché 1,6 per cento preventivato nelle previsioni d’autunno.
Bruxelles taglia le stime di crescita di tutti i Paesi membri, a iniziare dalla Germania. Certificato la contrazione del 2023 appena chiuso (-0,3 per cento), il motore economico dell’eurozona continuerà a fare fatica anche quest’anno e la crescita sarà pressoché zero: 0,3 per cento appena, mezzo punto in meno rispetto a quanto ci si attendeva pochi mesi fa (0,8 per cento). Se le cose non si complicano ulteriormete l’economia tedesca dovrebbe ripartire nel 2025 (1,2 per cento), per il bene di Eurolandia, ma intanto la frenata della Germania rischia di produrre negative per tutti.
In sintesi: “Le prospettive per l’economia dell’UE nel primo trimestre del 2024 rimangono deboli“, rileva l’esecutivo dell’Unione. Tuttavia “il ritmo di crescita dovrebbe stabilizzarsi a partire dalla seconda metà del 2024 fino alla fine del 2025″. Anche il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, deve riconoscere che “la ripresa prevista nel 2024 dovrebbe essere più modesta di quanto previsto tre mesi fa“.
- Pesa la crisi nel mar rosso
A Bruxelles si sceglie la linea della prudenza in uno scenario completamente cambiato e dai contorni sfumati. C’è un mix di fattori, tutti diversi e tutti potenzialmente nocivi, che pesano sull’UE e la sua area dell’euro. “Le tensioni geopolitiche, un clima sempre più instabile e una serie di elezioni cruciali in tutto il mondo quest’anno sono tutti fattori che aumentano l’incertezza su questa prospettiva”, sintetizza Gentiloni. Ma tra i principali e più immediati fattori di rischio c’è la crisi nel mar Rosso.
Le previsioni economiche d’inverno dedicano un paragrafetto proprio alla situazione nell’area. Le spedizioni attraverso il Mar Rosso sono state deviate, con conseguenti tempi di spedizione più lunghi e “costi di spedizione alle stelle”. I tempi di spedizione tra l’Asia e l’Europa “sono aumentati di 10-15 giorni e i costi di trasporto dei container su diverse rotte dalla Cina all’Europa sono aumentati di circa il 400 per cento“. Tutto questo “sta influenzando i costi di spedizione in tutto il mondo”. Si vedono dunque materializzarsi i rischi che lo stesso Gentiloni non nascondeva meno di un mese fa.
- La frenata della Cina grava sull’export
Sulla debolezza economica dell’UE e dei suoi Paesi dell’eurozona grava anche la frenata della Cina. “Il previsto rallentamento della crescita negli Stati Uniti e in Cina pesa sulla domanda“, ma ci si sofferma soprattutto sul mercato asiatico. L’esecutivo comunitario riconosce che l’’economia cinese “si trova in una fase critica”. Vuol dire che “un ridimensionamento dell’attività economica più rapido del previsto, in assenza di un riorientamento globale delle politiche, potrebbe avere ricadute negative sulla crescita dell’economia dell’UE”. La nota positiva, in questo scenario, è un allentamento della pressione sui prezzi, soprattutto sulle materie prime energetiche, che vuol dire minore inflazione
- Si riduce l’inflazione
La buona notizia, in queste previsioni economiche non proprio esaltanti, arriva dalla curva dell’inflazione. Per l’eurozona la Commissione europea la taglia per il 2024: è ora attesa al 2,7 per cento, e non più al 3,2 per cento come previsto nelle ultime previsioni economiche di novembre. Resta invece invariata al 2,2 per cento per il 2025. Merito di un percorso già iniziati nei mesi scorsi. “I prezzi più bassi delle materie prime energetiche e la dinamica economica più debole hanno portato l’inflazione su un percorso discendente più ripido di quanto previsto”, si legge nel documento della Commissione Ue.