Bruxelles – Mancava solo l’ufficialità, e al Congresso del Pse a Roma è arrivata. L’attuale commissario europeo per il Lavoro e i diritti sociali, il lussemburghese Nicolas Schmit, è lo Spitzenkandidat del Partito Socialista Europeo per le elezioni europee del 6-9 giugno. “Come candidato comune mi troverete pienamente impegnato al vostro fianco, abbiamo un progetto di speranza, progresso, giustizia e prosperità condivisa“, ha assicurato Schmit parlando al Congresso di Roma di sabato (2 marzo): “Sono pronto a guidare la nostra famiglia politica per difendere le nostre idee, per parlare con i cittadini, i lavoratori, gli agricoltori, per ascoltare le loro preoccupazioni”.
Da più di un mese era noto che il commissario europeo era l’unico nome sulla lista per diventare lo Spitzenkandidat del Pse, dopo la scadenza del termine per la presentazione delle candidature il 18 gennaio. Serviva solo la conferma degli oltre 1500 partecipanti del Congresso dei socialisti europei – tra attivisti, leader di partito e capi di Stato e di governo – per la conferma ufficiale del candidato di punta alle elezioni di giugno, accompagnata dalla presentazione del Manifesto politico L’Europa che vogliamo: sociale, democratica, sostenibile. Un Manifesto basato sulla lotta contro la crisi del costo della vita attraverso diritti sociali più forti, sull’affrontare la crisi democratica impegnandosi a non collaborare con l’estrema destra e con un focus sulla crisi climatica attraverso un Green Social Deal. “Abbiamo un chiaro programma d’azione con il nostro manifesto e abbiamo, in tutti i nostri Stati membri, molti candidati impegnati a combattere per le nostre idee”.
Il Manifesto del Pse si fonda su 20 impegni che saranno portati avanti durante la campagna elettorale dallo Spitzenkandidat Schmit e da tutti i partiti affiliati. Secondo quanto emerge dal testo, l’Europa post-elezioni dovrà basarsi sul diritto al lavoro di qualità e alla giusta retribuzione, “garantendo i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, rafforzando la contrattazione collettiva, la democrazia sul lavoro e sostenendo quelli autonomi”, su un “nuovo patto verde e sociale per una transizione giusta, attraverso energia pulita, sicura ed economicamente accessibile” e su una “democrazia forte, dove lo Stato di diritto viene rispettato e difeso”. L’economia europea dovrà essere competitiva, “preparando le proprie industrie e piccole e medie imprese al futuro”, mentre allo stesso tempo i cittadini dovranno essere “difesi dal carovita e dalla concorrenza sleale”. La promessa è di un’Europa femminista “che promuove la parità dei diritti, il controllo delle donne sulle proprie vite e i propri corpi, e la fine della violenza e della discriminazione di genere”, per le giovani e i giovani “che garantisce progresso, autonomia, opportunità e sradica la precarietà nel lavoro” e che assicura “il diritto a un alloggio adeguato ed economicamente accessibile”. Un’Europa “strategicamente indipendente” su libertà, sicurezza e integrità territoriale, ma anche che “promuove la pace, la sicurezza, la cooperazione, i diritti umani e lo sviluppo sostenibile“.
Lo Spitzenkandidat del Pse e degli altri partiti europei
La figura dello Spitzenkandidat è stata introdotta per la prima volta per le elezioni europee del 2014, sulla scia degli accresciuti poteri che il Parlamento Ue si è visto attribuire dal Trattato di Lisbona – firmato nel 2007 ed entrato in vigore nel 2009 – e che gli eurodeputati hanno voluto interpretare nella maggior ampiezza possibile. Da parte dei partiti c’era anche la volontà di tentare un avvicinamento agli elettori, che hanno sempre visto la Commissione come un organo distante dalla vita dei cittadini ma con ampi poteri di incidere sulla loro vita. Indicare una persona vuol dire fare in modo che gli elettori possano conoscerla prima che assuma un incarico importante e, allo steso tempo, è anche una possibilità per i partiti per suggerire implicitamente chi vorrebbero evitare che – anche al loro interno – possa essere scelto dopo le elezioni.
Perché non sono i partiti a indicare formalmente il presidente della Commissione, e nemmeno l’Eurocamera. In base al Trattato di Lisbona questo potere spetta ai governi, riuniti nel Consiglio Europeo, che scelgono la persona che dovrà guidare la Commissione. Il nome viene proposto al Parlamento Europeo che, in ogni caso, ha il potere di approvare o meno la scelta. In sostanza è un potere condiviso, tra un’istituzione che sceglie e un’istituzione che approva. Ecco perché il possibile ‘corto circuito’ tra Consiglio e Parlamento può essere risolto con l’introduzione dello Spitzenkandidat, ma solo sul piano strettamente politico, perché su quello legale l’indicazione da parte dei partiti prima delle elezioni non ha alcun valore. A questo si aggiunge il fatto che nessun gruppo al Parlamento Europeo – alle condizioni attuali e verosimilmente anche post-elezioni di giugno – ha la forza di scegliere da solo il presidente della Commissione, che è frutto perciò di un accordo tra diverse forze politiche e con i governi nazionali.
In questo contesto, alle elezioni europee del 2024 Schmit sfiderà gli Spitzenkandidaten alla testa delle altre famiglie politiche europee. I Verdi Europei hanno scelto la tedesca Terry Reintke e l’olandese Bas Eickhout al Congresso di Lione il 2-4 febbraio, La Sinistra l’austriaco Walter Baier al Congresso di Lubiana il 23-24 febbraio, le intenzioni dei liberali di Renew Europe non sono ancora chiare a riguardo, mentre il Partito Popolare Europeo è pronto a confermare la candidatura dell’attuale presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen – unico nome in lista – al Congresso a Bucarest tra mercoledì e giovedì (6-7 marzo).