Bruxelles – La Croazia si prepara al primo appuntamento del suo super-anno elettorale, nel pieno delle polemiche e dell’incertezza della vigilia del voto. Mercoledì (17 aprile) gli elettori croati torneranno alle urne anticipate per il rinnovo del Sabor (il Parlamento nazionale) a meno di due mesi dalle europee in programma il 9 giugno nel Paese membro Ue e nel pieno di un caos istituzionale che ha coinvolto non solo il presidente della Repubblica, Zoran Milanović, ma anche la Corte Costituzionale. Perché sarà proprio il capo dello Stato in carica a guidare la principale coalizione di opposizione al primo ministro uscente e leader dell’Unione Democratica Croata (Hdz), Andrej Plenković, nonostante il parere negativo arrivato un mese fa dai giudici di Zagabria sulla sua candidatura senza che abbia prima rassegnato le dimissioni da presidente.
Milanović aveva annunciato lo scioglimento del Parlamento lo scorso 15 marzo dopo l’apertura della crisi di governo da parte dello stesso premier Plenković. Convocando le urne anticipate, il presidente della Repubblica in carica dal 2020 e già premier tra il 2011 e il 2016 ha sorpreso gli elettori con l’annuncio della sua candidatura a primo ministro alla testa dei socialdemocratici croati. Proprio il Partito Socialdemocratico di Croazia (Sdp) è il maggiore partner della coalizione di centro-sinistra ‘Fiumi di giustizia’, che attualmente controlla 20 seggi (su 151) al Sabor, e proverà a sfilare la maggioranza per la formazione del governo ai conservatori dell’Hdz. Tuttavia, tre giorni più tardi la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la candidatura di Milanović a primo ministro della Croazia, se non si dimetterà prima dalla carica attualmente ricoperta: decisione bollata come “analfabeta” da parte dello stesso presidente della Repubblica, che nelle ultime settimane ha continuato a girare il Paese per fare campagna elettorale per l’Sdp e la coalizione di centro-sinistra.
Lo scenario politico in Croazia
Al momento i sondaggi della vigilia danno il partito conservatore di Plenković ancora al primo posto – ma senza una maggioranza certa in Parlamento – seguita al secondo posto dai socialdemocratici in grossa crescita ma con l’incognita della risposta dei tradizionali elettori di centro-sinistra alla candidatura di Milanović. Perché nonostante il presidente in carica sia attualmente il personaggio politico più popolare in Croazia, la sua retorica ambigua nei confronti della Russia e della guerra in Ucraina, così come quella sul rapporto con il leader della Republika Srpska (l’entità a maggioranza serba in Bosnia ed Erzegovina), Milorad Dodik, e con il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, potrebbe creare non pochi dissapori nel bacino elettorale progressista e una scelta verso partiti come la sinistra verde di Možemo. Anche se, in ogni caso, proprio i partiti di centro-sinistra e progressisti potrebbero decidere di confluire in un gabinetto Milanović per strappare il governo all’Hdz dopo otto anni. Nel super-anno elettorale in Croazia a dicembre si terranno anche le elezioni presidenziali, passando prima dalle europee del 9 giugno e dal primo test delle parlamentari di mercoledì.
La decisione di anticipare le elezioni legislative è stata presa dopo settimane di proteste nelle maggiori città del Paese. Oltre alle pressioni crescenti da parte di singole categorie professionali per l’insoddisfazione nei confronti delle politiche dell’esecutivo di Zagabria – dagli insegnanti ai giudici e i medici per i salari, fino ai giornalisti contro le modifiche al Codice Penale per rendere un reato la pubblicazione di fughe di notizie – sono stati i partiti di centro e sinistra a catalizzare la volontà di “difendere la democrazia”. In particolare le proteste hanno riguardato la nomina di Ivan Turudić a procuratore generale con il via libera dei deputati croati (il giuramento si è svolto il 13 marzo), a causa della sua vicinanza all’Hdz e alla possibile protezione di Plenković da casi di corruzione nel caso perdesse l’immunità dopo la prossima tornata elettorale. Le opposizioni unite avevano escluso dal fronte comune i partiti di destra come i conservatori euroscettici di Most e i nazionalisti del Movimento Patriottico, dal momento in cui le loro critiche al governo uscente riguardano il fatto di non essere stato abbastanza duro sulle politiche migratorie.
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