Bruxelles – L’Olanda ha un governo. Il premier Mark Rutte, a capo dell’esecutivo dal 2010, ha trovato un accordo con i cristiano democratici del Cda, i liberali progressisti del D66 e i conservatori della Christen Unie e mercoledì presenterà il suo programma.
Arrivare a questo punto non è stato facile – ci sono voluti sette mesi, un record eguagliato solo nel 1977 – e la strada è tutt’altro che in discesa. La maggioranza che sostiene Rutte, al suo secondo mandato da premier, è molto risicata: consiste praticamente di un solo deputato, il che significa che basta un niente per far saltare il governo. Per esempio, la bioetica. D66 vorrebbe estendere i diritti dei LGBT e le leggi sull’eutanasia. La Christen Unie, invece, è contro l’aborto e i matrimoni omosessuali che in Olanda vengono celebrati regolarmente dal 2000.
Se il governo è diviso sul tema dei diritti, lo stesso non si può dire sull’economia e la prostituzione. I partiti hanno raggiunto un accordo sia sul taglio del 15% nelle tasse sui dividendi pagate dalle società, sia sulla prostituzione. A questo proposito, il programma che verrà presentato mercoledì prevede la reintroduzione del bando allo sfruttamento, abolito nel 2000, e l’introduzione di una licenza obbligatoria per chi esercita la professione in modo regolare.
L’accordo arriva 208 giorni dopo le elezioni del 15 marzo e segna la fine della coalizione con i laburisti del Pvda, formazione politica di cui fa parte anche il ministro delle Finanze e presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. Il Pvda, che ha visto un calo dei consensi dal 19,1% al 5,7%, sarà all’opposizione così come il partito della libertà di Geert Wilders.