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    Home » Politica Estera » Migration Compact Ue: pochi soldi freschi, tanti dubbi

    Migration Compact Ue: pochi soldi freschi, tanti dubbi

    La proposta presentata dalla Commissione europea per lanciare partnership con i Paesi terzi potrà contare soltanto su 500milioni di nuove risorse. Critici gli eurodeputati che temono la replica degli "errori dell'accordo Ue-Turchia"

    Letizia Pascale</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@LetiziaPascale" target="_blank">@LetiziaPascale</a> di Letizia Pascale @LetiziaPascale
    7 Giugno 2016
    in Politica Estera
    Migration Compact

    dalla nostra inviata

    Strasburgo – Per dirla come il vicepresidente Frans Timmermans, “perché funzioni, ci vuole un po’ di fiducia”. E in effetti per il momento il cosiddetto Migration Compact presentato dalla Commissione europea solleva alcuni apprezzamenti e tante domande. Prima tra tutte quella sulle risorse economiche che dovrebbero permettere di concludere gli accordi di partenariato con i Paesi dell’Africa e del Medio Oriente per facilitare la gestione dei flussi migratori. Il piano illustrato oggi dall’esecutivo comunitario davanti alla Plenaria del Parlamento europeo di Strasburgo parla in totale di 8 miliardi di risorse, che saranno destinati prioritariamente a partnership con Mali, Niger, Nigeria, Senegal, Etiopia, Libano e Giordania. A ben guardare, però, di questi fondi, soltanto 500milioni di euro sono soldi freschi, che arriveranno dal Fondo europeo di sviluppo, tutte le altre risorse su cui fa affidamento la Commissione europea sono fondi già noti.

    Nell’ammontare è conteggiato ad esempio il totale del Trust Fund per l’Africa da 3,6 miliardi di euro, concordato nel corso del summit di Valletta dello scorso novembre. Peccato che se il contribuito della Commissione europea, da 1,8miliardi di euro, è già sul piatto, della parte degli Stati membri, che dovrebbe essere di altri 1,8miliardi, ancora non ci sia traccia: ad oggi sono stati effettivamente versati appena 81milioni di euro. A questo fondo dovrebbero andare ad aggiungersi i nuovi 500 milioni della Commissione europea, che chiede ancora una volta alle capitali di compiere uno sforzo equivalente per arrivare ad aggiungere al fondo un miliardo di euro. Visti i precedenti, però, è difficile pensare che i soldi ci saranno, tantomeno in tempi brevi. “Con l’aggiunta di altri 500 milioni il Fondo per l’Africa arriva a 3,2 miliardi di euro”, fa i conti l’Alto rappresentante per gli Affari esteri Ue, Federica Mogherini, che chiede: “C’è bisogno di un contributo corrispettivo degli Stati di pari portata”. Ad oggi, però non nasconde l’Alto rappresentante, “stiamo ancora aspettando da Valletta, per questo abbiamo invitato il Consiglio ad intervenire per portare la sua contropartita”.

    Servirà il contributo degli Stati anche per la parte a lungo termine del piano, quella che punta a lanciare una sorta di piano Juncker per l’Africa. L’idea è di partire da una disponibilità iniziale di 3,1 miliardi della Commissione (anche questi reindirizzati da altri programmi, non risorse nuove) per arrivare a mobilitare, grazie ad un sistema di garanzie, fondi pubblici e privati per 31 miliardi di euro. Anche in questo caso l’esecutivo comunitario chiede agli Stati membri di compiere uno sforzo simile e mettere sul piatto altri 3,1 miliardi per arrivare a mobilitare in tutto fino a 62miliardi. L’idea solleva però un certo scetticismo. “È una ripetizione del dibattito sul piano Juncker, quando i critici dicevano che non avrebbe funzionato”, risponde Timmermans, che ricorda che “invece siamo già arrivati a 100 miliardi di investimenti e il fattore leva a volte è anche di 23”. Certo “ci vuole un po’ di fiducia perché funzioni”, ammette il braccio destro di Juncker secondo cui però la Commissione ha compiuto diverse analisi sul tema ed è “molto fiduciosa”.

    Conteggi economici a parte, il modello proposto dalla Commissione desta perplessità politiche da parte di una buona fetta di eurodeputati. Se l’idea piace a popolari e socialisti, non altrettanto convinti sono i liberali, con Guy Verhofstadt che si dice contrario ad una “duplicazione” dell’accordo turco con altri Paesi terzi perché quella del denaro in cambio del controllo delle migrazioni “non è la via da seguire”. Dure critiche anche dalla Sinistra unita Gue: secondo l’eurodeputata Barbara Spinelli, “l’aiuto promesso è in realtà un dikatat: ‘o relegate i profughi nei vostri campi o niente aiuti’” e le politiche messe in atto dall’esecutivo Ue sono quelle “chieste in Europa dalle destre più estreme”. Anche per i Verdi si proclamano contrari a ripetere gli stessi errori dell’accordo Ue-Turchia.

    La Commissione però difende quella che, per dirla come Mogherini, considera come una “rivoluzione copernicana nell’indirizzo delle risorse perché finalmente si dà un indirizzo strategico e coordinato al rapporto di partnership strategico con l’Africa”. Un risultato a cui, riconosce l’esecutivo Ue, si è arrivati anche grazie al contribuito del premier italiano che ha per primo lanciato la proposta del Migration Compact. “Ci siamo basati sulla proposta di Renzi, è lui che ha iniziato il dibattito e noi abbiamo reagito. Questa era la sua idea”, ha ammesso Timmermans, mentre Mogherini ha aggiunto: “È stato un gioco di squadra ottimo” con il governo italiano, “perfettamente in linea con le decisioni del vertice della Valletta”, in cui nel novembre 2015 i paesi Ue e africani adottarono un piano d’azione sulle migrazioni.

    Tags: AfricamigrantiMigration Compactparlamento europeorenziue

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