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    Home » Economia » L’UE avvia il processo di riforma della governance economica: serve più semplificazione

    L’UE avvia il processo di riforma della governance economica: serve più semplificazione

    Regole più snelle ne permettono una più agevole accettazione politica. Nella comunicazione agli Stati le domande su cui ragionare per tutto il 2020. L'esecutivo comunitario avvia la consultazione sulle politiche di bilancio

    Emanuele Bonini</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/emanuelebonini" target="_blank">emanuelebonini</a> di Emanuele Bonini emanuelebonini
    5 Febbraio 2020
    in Economia

    Bruxelles – Nove domande per ragionare con tutte le parti interessate su come riformare le regole di governance economica. Stati membri, organismi internazionali, istituti finanziari. La Commissione europea avvia la consultazione per riscrivere in modo più chiaro, più semplice e più efficiente le regole che da più parti, sempre di più, vengono contestate. Si tratta di adattare le vecchie norme alle nuove esigenze, prime fra tutte quelle di attuare l’ambizioso piano di sostenibilità (Green deal).

    “Le nostre regole si sono evolute considerevolmente da quando sono state stabilite per la prima volta e hanno prodotto risultati positivi”, premette Valdis Dombrovskis, vicepresidente esecutivo per l’Economia. “Ma oggi sono percepiti come troppo complessi e difficili da comunicare. Quindi non vediamo l’ora di discutere apertamente di ciò che ha funzionato, di ciò che non ha funzionato e di come creare consenso per razionalizzare le regole e renderle ancora più efficaci”.

    Un 2020 di riflessione
    La comunicazione all’attenzione degli Stati fissa il periodo di lavoro. La Commissione intende dedicare la prima parte dell’anno per raccogliere tutti i contributi al dibattito. Si intende raccogliere le opinioni fino alla pausa estiva, per poi chiudere il processo entro la fine del 2020.

    In tutto questo anno si cercheranno risposte alle nove domande messe a punto dalla direzione generale Affari economici della Commissione UE. Come assicurare la sostenibilità dei conti pubblici? Come evitare crisi pro-cicliche? Come finanziare politiche a sostegno della crescita? Ancora, come considerare l’area euro nell’ottica del rafforzamento dell’unione economica e monetaria? Come rendere più semplice le regole? Come individuare gli errori? Come assicurare una più efficace applicazione delle regole? Quale ruolo dare alla regole nazionali e come fare convivere il patto di stabilità con le regole degli Stati? Su tutto questo si articola la riflessione avviata dal team von der Leyen.

    “Le politiche economiche in Europa devono affrontare le sfide che affrontiamo oggi, che non sono chiaramente le stesse di un decennio fa”, evidenzia Paolo Gentiloni, commissario per l’Economia. “La stabilità rimane un obiettivo chiave, ma è altrettanto urgente sostenere la crescita e, in particolare, mobilitare gli immensi investimenti necessari per affrontare il cambiamento climatico”.

    Parola d’ordine: semplificazione
    Nel 2015 è stata adotta la comunicazione che ha permesso di introdurre flessibilità nell’interpretazione, e quindi nell’attuazione, del patto di stabilità e crescita. Ora si chiede di andare oltre. “Un quadro normativo più semplice potrebbe contribuire a far accettare le regole stesse e ridurre i costi politici per l’applicazione”.

    Nuove metodologie di calcolo
    Nella comunicazione, tecnica, si suggeriscono accorgimenti di eguale natura. Si ricorda che sulla base delle attuali metodologie di valutazione dei conti pubblici il quadro normativo comune “si basa fortemente su variabili che non sono direttamente osservabili”, e che oltretutto “vengono frequentemente riviste”. Riferimento al cosiddetto ‘output gap’, la differenza tra crescita potenziale e crescita reale, e l’equilibrio di bilancio strutturale. Si tratta di variabili difficili da considerare, troppo variabili, il che “ostacola la fornitura di orientamenti politici stabili”.

    In secondo luogo, si propone di focalizzare l’analisi delle politiche di bilancio sulle questioni più importanti piuttosto che sugli ‘zero virgola’. “C’è bisogno di una discussione sugli errori rilevanti rispetto a quella sui decimali”, sottolinea il commissario Gentiloni. Si dà quindi priorità a quanto previsto dall’articolo 126, comma 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

    Più attenzione al medio termine
    La comunicazione suggerisce di concentrarsi di più sul percorso di più anni, nello specifico tra i tre e i cinque anni. “Mentre l’enfasi sugli adeguamenti di bilancio annuali e le valutazioni di conformità è stata rafforzata, l’attenzione sulla pianificazione di bilancio a medio termine si è indebolita”. Il risultato è una strategia più debole di consolidamento, “con molti Stati membri che hanno rinviato il raggiungimento dei loro obiettivi di bilancio a medio termine”.

    Per questo motivo, si evidenzia nella comunicazione, “un’adeguata pianificazione politica a medio termine, sia per quanto riguarda gli obiettivi di bilancio sia per le riforme strutturali per promuovere la produttività e gli investimenti, sono di aiuto in tal senso”.

    Iniziare a usare il bastone? Il caso Italia
    A tal proposito, la comunicazione prevede il ricorso alla sanzioni previste per chi non rispetta i patti. Alla domanda ‘Come assicurare una più efficace applicazione delle regole?’ l’esecutivo comunitario ritiene che debba essere “attentamente considerato” il giusto equilibrio tra sanzioni pecuniarie e strumenti che incentivano la stabilità macroeconomica. Che significa? A Bruxelles ricordano che in base alle regole a uno Stato può essere richiesta un’azione specifica e anche sanzioni, ma le sanzioni a oggi non sono mai state comminate. Nella riflessione su come rendere più efficaci le regole le sanzioni potrebbero giocare un ruolo chiave.

    L’esecutivo comunitario, in questo caso, offre spiegazioni sui mancati provvedimenti a carico dell’Italia. In molti chiedevano sanzioni contro il Paese per eccesso di debito. “Applicare il parametro di riduzione del debito durante periodi di debole crescita reale e inflazione molto bassa si è rivelato politicamente ed economicamente difficile”, dice la Commissione. Senza fare il nome dell’Italia, si afferma che “in alcuni paesi fortemente indebitati, l’indice di riduzione del debito ha richiesto sforzi fiscali particolarmente elevati che potrebbero effettivamente aver aggravato la dinamica del debito”. Un motivo per rivedere le regole.

    Italia, sul debito non si discute. Spese per Green Deal condizionate
    Qualunque sia l’esito della consultazione sulla riforma delle regole di governance economica, per l’Italia cambia poco. Nella comunicazione si ribadisce una volte di più “la necessità di concentrarsi costantemente sulla sostenibilità del debito”. Vuol dire continuare a ridurlo, in linea con le regole. E nel garantire aperture, Bruxelles comunque terrà sotto controllo i conti tricolore. Un principio valido anche per il Green Deal. Il piano di sostenibilità include la rivalutazione dell’adeguatezza delle attuali clausole di flessibilità in termini di portata e ammissibilità, “al fine di facilitare il giusto tipo e livello di investimento preservando la sostenibilità il debito”.

    Tags: conti pubblicidebitoeurozonaflessibilitàgreen dealPaolo GentiloniPatto di Stabilità e Crescitaregole di bilancioSemplificazionesemplificazione normativaueValdis Dombrovskis

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