Bruxelles – A quattro anni dall’esplosione della pandemia da coronavirus, l’esecutivo comunitario avvierà un programma per studiare la cosiddetta sindrome da “long Covid”, cioè la permanenza prolungata di alcuni dei sintomi dell’infezione da Sars-Cov-2 sui pazienti a distanza di settimane o addirittura mesi dopo la guarigione.
Martedì (10 settembre) la commissaria alla Salute e la sicurezza alimentare Stella Kyriakides lancerà ufficialmente un progetto dal budget di circa due milioni di euro, finanziato dal programma Eu4Health e gestito da Bruxelles in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). Tra le azioni previste ci sarà anche la creazione di un panel di esperti che sarà incaricato di raccogliere le testimonianze e le esperienze dei pazienti affetti dalla sindrome.
Le aree principali d’intervento saranno sette: la definizione più precisa possibile della sindrome da long Covid, lo sviluppo di un sistema di monitoraggio e sorveglianza, la promozione dello scambio di informazioni tra gli operatori sanitari, la diffusione di linee guida e raccomandazioni cliniche alle autorità competenti degli Stati membri, il sostegno ai pazienti e ai loro assistenti, la valutazione delle conseguenze socio-economiche del long Covid e, infine, l’identificazione delle lacune nella ricerca scientifica.
Nonostante siano passati ormai quattro anni dalla fase più acuta della pandemia, gli studi sulla sindrome clinica del long Covid sono ancora in corso per definirne con maggior precisione le caratteristiche e le cause. Solo una parte di chi ha contratto il Covid-19 sviluppa questi sintomi, ma i meccanismi che ne determinano e regolano l’insorgenza non sono ancora stati chiariti fino in fondo: tra i fattori che appaiono coinvolti ci sono i danni diretti sull’organismo causati dall’infezione o dalla malattia e una risposta anomala del sistema immunitario (che sviluppa una sorta di “autoimmunità”). Sembra che tra i fattori di rischio ci siano poi l’età avanzata, il sesso femminile, l’obesità e il diabete di tipo 2.
Per quanto, di norma, ci sia una certa correlazione tra la gravità della malattia e il rischio di insorgenza del long Covid, si sono registrati casi di quest’ultimo anche dopo forme relativamente lievi di infezione da Sars-Cov-2, soprattutto per quanto riguarda la variante Omicron – in realtà, la percentuale di pazienti infettati con Omicron che sviluppano sindrome da long Covid è più bassa di quella degli infettati dalla variante Delta, ma essendosi diffusa maggiormente la prima il numero assoluto di pazienti con long Covid da Omicron tende ad essere maggiore. Ad ogni modo, le evidenze sembrano indicare che un ciclo di vaccinazione completo (con tre dosi) protegga in maniera relativamente efficace dal long Covid.
Secondo i dati dell’Oms, circa 36 milioni di persone in Europa sono state colpite dal long Covid tra il 2020 e il 2023, mentre secondo le stime della Commissione europea il costo della sindrome sull’economia dei Ventisette si è aggirato tra lo 0,2 e lo 0,3 per cento del Pil per l’anno 2022.