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    Home » Politica Estera » Se Washington diventa la Canossa di Kaja Kallas (e dell’Ue)

    Se Washington diventa la Canossa di Kaja Kallas (e dell’Ue)

    L'Alta rappresentante rimane chiusa fuori dalle stanze che contano, come l'imperatore scomunicato al castello Matildico. Ma Chiesa e Impero erano nemici giurati, mentre Ue e Usa dovrebbero essere alleati di ferro – almeno fino al ritorno di Trump

    Francesco Bortoletto</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/bortoletto_f" target="_blank">bortoletto_f</a> di Francesco Bortoletto bortoletto_f
    26 Febbraio 2025
    in Politica Estera
    Kaja Kallas

    L'Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: European Council)

    Bruxelles – A voler dare ascolto ai maligni, si direbbe che l’approccio della nuova amministrazione statunitense nei confronti degli alleati europei (o presunti tali) sia quello del divide et impera. Donald Trump incontra gli uomini che detengono il potere nei singoli Paesi del Vecchio continente, ma snobba – e fa snobbare ai suoi sottoposti – i vertici delle istituzioni comunitarie. O almeno, appunto, questa è l’impressione che si ha vedendo l’improvviso annullamento del bilaterale tra i capi delle diplomazie Ue e Usa, Kaja Kallas e Marco Rubio.

    Originariamente in programma per oggi pomeriggio (26 febbraio), l’incontro tra l’Alta rappresentante e il Segretario di Stato – che si erano visti per la prima e unica volta alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco – avrebbe dovuto incentrarsi sulla guerra della Russia contro l’Ucraina e, specificamente, su come coordinare gli sforzi tra le due sponde dell’Atlantico per giungere ad una soluzione negoziata del conflitto. Peraltro, dopo le rivelazioni di ieri sul via libera al famigerato accordo sulle terre rare ucraine, il piatto sul tavolo dei due sarebbe stato ancora più ghiotto.

    E tuttavia, all’ultimo minuto l’incontro con Marco Rubio (che ieri ha visto l’omologo saudita Khalid bin Salman) è stato annullato “a causa di problemi di programmazione“, come annunciato nel primo pomeriggio di oggi da Anouar El Anouni, il portavoce di Kaja Kallas.

    I met with Saudi Minister of Defense Prince @kbsalsaud to discuss the importance of the U.S.-Saudi partnership. Strengthening this key relationship is a top priority for the Trump Administration, especially when it comes to working towards our shared interests across the Middle… pic.twitter.com/HKcEOfw11J

    — Secretary Marco Rubio (@SecRubio) February 26, 2025

    Non sono al momento disponibili ulteriori informazioni sul genere di problemi che sarebbero occorsi, né sull’eventualità che l’ex premier estone (in visita a Washington fino a domani) possa avere colloqui con altri rappresentanti dell’amministrazione Usa. Tutto quello che si sa è che Kallas vedrà alcuni membri del Congresso per discutere della guerra, nonché lo staff della delegazione Ue, e che parteciperà ad un evento pubblico allo Hudson Institute. Dai portavoce della Commissione, del Consiglio e del Servizio di azione esterna (Seae, la Farnesina dell’Ue) non trapela nient’altro.

    Il sospetto che ci sia poco di casuale e molto di intenzionale nell’umiliare il capo della diplomazia Ue come in una moderna Canossa è forte. La differenza con la leggendaria vicenda del 1077, quando l’imperatore Enrico IV dovette stare inginocchiato per tre giorni e tre notti sotto la neve fuori dal castello della contessa Matilde per farsi revocare la scomunica da papa Gregorio VII, è che i rappresentanti dei due poteri dell’epoca (temporale e spirituale) erano nemici per definizione, laddove Europa e Stati Uniti dovrebbero essere legati da una solida alleanza. Un’alleanza che però Donald Trump sta dimostrando di non tenere più in considerazione, mentre sembra intenzionato ad allestire una nuova Jalta a lume di candela con Vladimir Putin.

    Emmanuel Macron Donald Trump
    Il presidente statunitense Donald Trump (destra) ospita a Washington il suo omologo francese Emmanuel Macron, il 24 febbraio 2025 (foto via Imagoeconomica)

    Del resto, il tempo per incontrare il suo omologo francese Emmanuel Macron, l’uomo più potente del mondo – libero e non – l’aveva trovato a inizio settimana, e ne troverà dell’altro domani per accogliere il primo ministro britannico Keir Starmer. Due uomini, questi ultimi, che parlano soprattutto in rappresentanza dei rispettivi interessi nazionali (o, al massimo, a nome di un potenziale fronte euro-britannico che però non si è ancora delineato compiutamente all’orizzonte).

    Ma evidentemente non c’è tempo per incontrare i vertici delle istituzioni comunitarie, forse proprio perché impersonificano quello che Trump non sopporta, cioè una (fragile) unità politica del Vecchio continente. Tanto più se sono critici verso l’approccio muscolare e transazionale del tycoon alle relazioni internazionali. E, forse, il fatto che tre su quattro siano donne aiuta ancora meno.

    Di recente, Kallas ha espresso più volte la sua netta contrarietà rispetto alle scelte dell’amministrazione Usa sul dossier ucraino. Riguardo alla porta in faccia sull’ingresso di Kiev nell’Alleanza nordatlantica, ad esempio, aveva osservato che “l’adesione alla Nato è la garanzia di sicurezza più forte che ci sia“, lamentando inoltre che “dare (ai russi, ndr) tutto quello che vogliono prima ancora che i negoziati comincino” è niente più e niente meno che “appeasement“. Il riferimento (che riprende uno analogo del presidente ucraino Volodymyr Zelensky) è alla strategia adottata dai leader europei nel 1938, quando a Monaco diedero in pasto ad Adolf Hitler l’allora Cecoslovacchia sperando di saziarne l’appetito espansionista. Quella volta non andò a finire bene.

    volodymyr Zelensky
    Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)

    L’Alta rappresentante aveva avuto da ridire anche sulle prove tecniche di disgelo tra Washington e Mosca tenutesi a metà febbraio in Arabia Saudita. Dopo quell’incontro (organizzato scavalcando tanto Kiev quanto Bruxelles) tra Rubio e l’omologo russo Sergei Lavrov, peraltro sottoposto a sanzioni dall’Ue, aveva richiamato all’unità gli alleati occidentali dell’Ucraina. Esortandoli a non cadere nelle “trappole” del Cremlino che, ha ammonito, “cercherà di dividerci“. Parole profetiche, suo malgrado.

    Tags: donald trumpguerra ucrainakaja kallasMarco Rubio

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