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    Home » Politica Estera » Ucraina, 26 Paesi forniranno garanzie di sicurezza a Kiev. Ma tutti aspettano Trump

    Ucraina, 26 Paesi forniranno garanzie di sicurezza a Kiev. Ma tutti aspettano Trump

    A parole, i volenterosi sottoscrivono un ampio impegno per monitorare un'eventuale fine delle ostilità. Volodymyr Zelensky canta "vittoria", ma la guerra continua e gli europei non si vogliono esporre finché non lo farà anche Washington

    Francesco Bortoletto</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/bortoletto_f" target="_blank">bortoletto_f</a> di Francesco Bortoletto bortoletto_f
    4 Settembre 2025
    in Politica Estera
    Volodymyr Zelensky

    Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto: Ludovic Marin/Afp)

    Bruxelles – L’incontro della coalizione dei volenterosi tenutosi a Parigi stamane ha sancito la disponibilità di 26 Paesi a partecipare a vario titolo alle garanzie di sicurezza per l’Ucraina. Gli europei offriranno a Kiev asset terrestri, aerei e marittimi per monitorare i termini un’eventuale tregua, che però ancora non si vede all’orizzonte. I leader del Vecchio continente hanno poi sentito Donald Trump, concordando maggiore coordinazione sulle future sanzioni ai danni della Russia.

    Pur tra mille incertezze, inizia a diradarsi la nebbia intorno alle famigerate garanzie di sicurezza che gli alleati occidentali di Kiev dovrebbero fornire all’Ucraina una volta terminata la guerra, in corso da più di tre anni e mezzo. Nella loro ennesima riunione svoltasi stamattina (4 settembre) nella capitale transalpina, i leader della coalizione dei volenterosi hanno discusso gli elementi principali intorno ai quali dovrebbe imperniarsi il mantenimento della pace nel dopoguerra, delineati ieri dai capi di Stato maggiore.

    Al meeting convocato da Emmanuel Macron erano fisicamente presenti, oltre a Volodymyr Zelensky, diversi leader della coalizione di 35 membri tra cui il primo ministro polacco Donald Tusk, il presidente finlandese Alexander Stubb e la premier danese Mette Frederiksen, più il presidente del Consiglio europeo António Costa, la numero uno della Commissione Ursula von der Leyen e l’inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff. Il premier britannico Keir Starmer ha co-presieduto l’incontro da remoto, mentre si sono collegati online anche Giorgia Meloni e il cancelliere tedesco Friedrich Merz.

    Volodymyr Zelensky Emmanuel Macron
    Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (sinistra) e quello francese Emmanuel Macron (foto via Imgagoeconomica)

    Stando a quanto dichiarato dal padrone di casa, “26 Paesi si sono impegnati” a partecipare alla cosiddetta “forza di rassicurazione” per stabilizzare l’Ucraina nel post-conflitto, mettendo a disposizione asset di vario tipo per le tre componenti principali di tale operazione, “via terra, via mare o via aria“. Zelensky ha descritto come una “vittoria” la disponibilità di un numero così ampio di alleati, aggiungendo che “contiamo anche sul sostegno degli Stati Uniti“, che verrà definito in dettaglio “nei prossimi giorni”. Non è stato fornito un elenco ufficiale dei 26 Paesi suddetti.

    Il primo pilastro di tale forza di rassicurazione sarà dunque un contingente terrestre multinazionale che verrà schierato distante dal fronte, a differenza di quanto avviene nel peacekeeping tradizionale, dove i soldati stranieri si interpongono tra gli eserciti belligeranti lungo la linea di contatto. L’unica cosa certa è che dovranno essere gli europei a fornire le truppe, ma per ora non è chiaro né quanti militari verranno impegnati né, soprattutto, con quali regole d’ingaggio.

    Il secondo elemento sarà la protezione dei cieli ucraini, pattugliati dai caccia dei volenterosi. Anche in questo caso restano fumosi alcuni dettagli chiave, ad esempio se i piloti dovranno imporre una no-fly zone oppure alzarsi in volo solo per fornire supporto aereo in caso di necessità. Infine, verrà organizzata una missione navale per sminare le coste ucraine e rendere nuovamente navigabili le rotte commerciali del Mar Nero.

    Donald Trump
    Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)

    Il nodo più intricato da sciogliere rimane quello dell’invio di soldati sul campo. Gli europei sembrano restii ad esporsi direttamente, soprattutto finché gli Usa non specificheranno quale sarà il loro contributo. Si sa già che Washington non manderà truppe di terra: linea condivisa anche da Italia, Germania e Polonia. A fornire soldati ci dovrebbe pensare, tra gli altri, la Francia, che però è in preda ad una profonda crisi politica e potrebbe rimanere presto senza un governo.

    Meloni ha reiterato “la proposta di un meccanismo difensivo di sicurezza collettiva ispirato all’articolo 5 del Trattato di Washington” (la clausola di mutua difesa della Nato) e ha ribadito “l’indisponibilità dell’Italia a inviare soldati in Ucraina”. La premier ha invece segnalato apertura per “iniziative di monitoraggio e formazione al di fuori dei confini ucraini“.

    Sicuramente, non si stancano di ripetere i volenterosi, il nucleo di qualunque futura garanzia di sicurezza saranno le forze armate ucraine. “Dobbiamo trasformare l’Ucraina in un porcospino d’acciaio, indigesto per gli aggressori presenti e futuri”, ha ribadito in merito von der Leyen, promettendo che “l’Europa continuerà ad addestrare i soldati ucraini“.

    Concluso l’incontro, alcuni leader hanno sentito al telefono Donald Trump per aggiornarlo sull’esito dei colloqui. Secondo Macron, il presidente statunitense avrebbe concordato di collaborare più strettamente con gli alleati europei su future sanzioni contro la Russia e, potenzialmente, anche la Cina, puntando a colpire in particolare l’export energetico di Mosca. A sentire Zelensky, il tycoon si sarebbe anche detto “molto scontento” del fatto che Ungheria e Slovacchia stiano continuando ad acquistare combustibili fossili russi (proprio per questo Budapest e Bratislava sono da tempo in collisione diretta con Kiev).

    Vladimir Putin
    Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)

    Nel frattempo, le iniziative diplomatiche per giungere ad una composizione della decennale crisi russo-ucraina sembrano languire su un binario morto. Dopo il faccia a faccia di ferragosto con Vladimir Putin, Trump si era mostrato fiducioso sulle possibilità di mediare un accordo in tempi brevi, da sancire tramite un bilaterale Putin-Zelensky ed eventualmente un trilaterale con lo stesso tycoon. Nelle ultime settimane, tuttavia, le prospettive di una svolta nelle trattative sono sfumate rapidamente e le posizioni dei belligeranti rimangono reciprocamente irricevibili.

    Lo stesso Trump, che aveva millantato in passato di poter far finire la guerra “in 24 ore”, ha recentemente ammesso che “sembra un po’ più difficile” far cessare le ostilità, mentre la Federazione continua a bombardare pesantemente l’Ucraina. L’inquilino della Casa Bianca non ha mai dato seguito alle minacce di colpire il Cremlino con “pesanti dazi” se lo zar non avesse accettato una tregua, e giusto ieri Putin ha provocato nuovamente Zelensky invitandolo a Mosca per negoziare.

    Tags: coalizione dei volenterosidonald trumpEmmanuel Macrongaranzie di sicurezzagiorgia meloniguerra ucrainaVladimir Putinvolodymyr zelensky

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