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    Home » Politica » Spari e morti in mare. Sea Watch elenca le violenze in aumento della ‘guardia costiera’ libica

    Spari e morti in mare. Sea Watch elenca le violenze in aumento della ‘guardia costiera’ libica

    Almeno 60 episodi di spari e speronamenti documentati nell'arco di 9 anni. La pubblicazione del report nel giorno dell'incontro a Bruxelles tra funzionari della Commissione europea, di Tripoli e di Bengasi

    Enrico Pascarella di Enrico Pascarella
    15 Ottobre 2025
    in Politica
    Sea Watch

    Un'imbarcazione libica vicino a un gommone di migranti (Foto di Sea Watch)

    Bruxelles – Un elenco di violenze lungo 31 pagine. È quanto si trova all’interno del report dell’organizzazione non governativa (ONG) tedesca Sea Watch. Il report diffuso dall’ONG denuncia l’aumento delle violenze della guardia costiera libica. All’interno del documento un elenco, episodio per episodio, su come le autorità di Tripoli e Cirenaica intercettino in maniera aggressiva le imbarcazioni di migranti dirette verso l’Europa. Gli interventi avvengono molto spesso in acque internazionali, zone di mare dove i libici non potrebbero operare. Una volta finito l’intercetto, i guardacoste riportano illegalmente i migranti nei porti africani.

    Il tempismo della pubblicazione del rapporto non sembra essere casuale. Oggi, 15 ottobre, a Bruxelles, la Commissione europea ospiterà una delegazione libica per delle “visite tecniche”. Invitati per la prima volta nella capitale Ue anche delegati della fazione ribelle del generale Haftar, ormai capace di controllare circa tre quarti del Paese. L’incontro non coinvolgerà politici di rango ma solo funzionari, elemento utile per tenere sottotraccia l’esito dell’incontro. Gli argomenti che verranno trattati saranno, a quanto riferito da un portavoce UE la scorsa settimana, “la limitazione delle partenze e dei flussi attraverso la Libia in linea con gli standard dei diritti umani”.

    Il rispetto dei diritti umani, però, sembra non essere la priorità per i libici. Lo confermano i documenti raccolti da Sea Watch. Le vedette della cosiddetta guardia costiera (finanziate in parte dall’Unione Europea) sono state coinvolte in 60 incidenti in nove anni, dal 2016 al 2025: un numero che pare essere al ribasso, visto che è quasi impossibile per gli aggrediti sporgere denuncia. Sempre più frequenti gli spari nei confronti di imbarcazioni piene di civili, con casi di speronamenti e morti nel Mediterraneo.

    A svolgere le operazioni sono piccole milizie private o, più spesso, la stessa guardia costiera libica. Il paradosso è che queste aggressioni avvengono con finanziamenti e mezzi forniti dagli stati europei. I trattati siglati tra Italia, UE e Libia hanno un valore complessivo di circa 53 milioni di euro. Inoltre, Roma ha fornito un importante aiuto materiale: secondo un’inchiesta del 2022 di IRPI Media, sono state consegnate a Tripoli sette motovedette di grandi dimensioni e venti unità più piccole.

    Proprio con una nave ceduta dall’Italia, i guardacoste libici avevano aperto il fuoco il 26 agosto contro la Ocean Viking: episodio grave, ma che per fortuna non ha provocato morti o feriti. Diversa la sorte di coloro che il 21 ottobre 2016 erano su un gommone diretto verso l’Italia. La guardia costiera libica salì sull’imbarcazione e iniziò a bastonare le 150 persone a bordo. Quattro furono le vittime accertate, ma è possibile che il numero effettivo sia compreso tra 15 e 25, poiché molte persone furono gettate in acqua e non furono mai più ritrovate. Questo solo uno dei 60 episodi raccolti nel rapporto di Sea Watch.

    Tags: Generale Haftarguardia costieralibiamigrantiOcean VikingSea Watch

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