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    Home » Politica Estera » Ue-Africa: c’è interesse al dialogo, ma serve un vero rinnovamento

    Ue-Africa: c’è interesse al dialogo, ma serve un vero rinnovamento

    Il vertice bilaterale di aprile ha svelato molti aspetti positivi nella volontà di approfondire le relazioni, ma c'è tanto da (ri) fare

    Marta Martinelli di Marta Martinelli
    17 Giugno 2014
    in Politica Estera

    I cambiamenti che hanno interessato l’Europa e l’Africa dopo il 2007, quando é stata adottata la strategia congiunta UE-Africa, sono a dir poco epocali. Includono riforme istituzionali (come la creazione del Servizio di Azione Esterna dell’UE e l’elezione  del Sud Africa a capo della Commissione dell’Unione Africana); sfide socio-economiche (la crisi finanziaria globale, disuguaglianze economiche crescenti e il successo del populismo in Europa) ; le rivoluzioni arabe coi loro progressi e fallimenti; e la moltiplicazione dei conflitti civili (in Mali, Repubblica Centro- Africana e Sud Sudan per l’ Africa, e la crisi ucraina in Europa). L’Africa acquista sicurezza nelle sue relazioni col continente europeo e, a volte,  intensifica la retorica anti-occidentale e panafricana. Dal canto suo l’UE stenta a tenere il passo e ad abbandonare il vecchio modello centrato sulle relazioni donatore-beneficiario.

    Il Vertice di Bruxelles ad aprile, con le sue 90 delegazioni di alto livello,  ha confermato l’importanza delle relazioni tra i due continenti e il continuo interesse per il dialogo politico. Le iniziative in vista del Vertice hanno incluso un forum intercontinentale della società civile, un forum giovanile, un forum economico e dell’impresa e una serie di dibattiti organizzati dalla commissione europea per discutere temi di interesse comune. Tutte iniziative che indicano un desiderio continuo di partecipazione da parte di attori diversi e a tutti i livelli. Il Vertice ha permesso di ridefinire l’agenda politica intorno a cinque aree tematiche: pace e sicurezza; democrazia, buon governo e diritti umani; lo sviluppo umano sostenibile, la crescita e un’ integrazione continentale inclusiva; le questioni globali ed emergenti. I rappresentanti europei e africani hanno inoltre convenuto di semplificare le procedure istituzionali per l’attuazione degli impegni politici.

    Se l’avvenimento, che ha luogo ogni tre anni, é stato sicuramente un successo sotto molti punti di vista (non ultimo quello dell’organizzazione logistica), calmatasi il clamore dell’evento, è ora possibile individuare le aree che richiedono ulteriore impegno.

    Innanzi tutto, per quanto importante, il dialogo politico non è un fine in sé. Prima del Vertice, analisti tanto europei che africani avevano indicato la necessità di affrontare i temi che dividono i due continenti come la gestione internazionale della giustizia, il cambiamento climatico, gli accordi per i partenariati economici, la migrazione e i diritti umani delle minoranze sessuali. Tuttavia, il risultato sono una serie di dichiarazioni generiche e solo il documento sulla migrazione ha trovato l’accordo dei decisori politici. Le deliberazioni del Vertice rivelano inoltre un deficit democratico che contraddice gli obiettivi dichiarati del partenariato Africa-UE che si vuole centrato sui popoli: la dichiarazione e il documento di pianificazione finali fanno a malapena riferimento al ruolo e posizione della società civile e ai parlamenti continentali. Le riforme istituzionali proposte, dettate da necessità di razionalizzazione, non sembrano agevolare le consultazioni partecipative.

    In secondo luogo la riduzione da otto a cinque priorità tematiche adottate dai partner non è di buon auspicio per un maggiore approfondimento e concentrazione sugli obiettivi: gIi impegni tematici assunti sono estremamente vaghi e possono essere sintetizzati nella volontà di avere ulteriori occasioni di dialogo politico. Questo può essere attribuito in parte ai difficili mesi di trattative diplomatiche prima del vertice, tuttavia lascia la porta aperta ad anni di ulteriori negoziati al fine di individuare le “priorità delle priorità” e le eventuali iniziative di attuazione.

    Piuttosto significativa é anche la mancanza di una valutazione trasparente dei due piani d’azione precedenti (2007-2010 e 2010-2013) che permettesse di identificarne le realizzazioni concrete. Una valutazione ampia e partecipativa avrebbe permesso di fondare le priorità tematiche su basi più  solide e di sviluppare una migliore comprensione degli impegni richiesti per il futuro. Inoltre, non è chiaro come le idee generate durante i dibattiti e tavole rotonde nel periodo precedente il Vertice abbiano contribuito concretamente a promuovere una maggiore volontà politica in vista di obiettivi concreti. Le consultazioni si sono svolte parallelamente al Vertice, ma non ci sono prove della loro presenza nei documenti risultanti dalle discussioni dei decisori politici.

    Tanto gli osservatori che i rappresentanti istituzionali avevano indicato la necessità di semplificare le strutture e le procedure del partenariato, ma il Vertice non ha chiarito come questo sia fattibile e come il partenariato ne risulterebbe più efficace. Mancano anche indicazioni su come standardizzare la partecipazione della società civile che pure aveva proposto la creazione di gruppi di lavoro misti e in linea con le tematiche identificate. Suggerimenti per l’adozione di un meccanismo di finanziamento che permetta una partecipazione più ampia, hanno portato a disposizioni vaghe che consentiranno  l’uso dello strumento di finanziamento panafricano, ma solo al livello di attuazione di progetti. Si va quindi verso una conferma del divario tra il desiderio di partecipazione e meccanismi efficaci per l’inclusione delle parti interessate oltre al rafforzamento di un approccio direttivo da parte di entrambi i partner istituzionali.

    Un vero rinnovamento delle relazioni Africa-UE dovrebbero ripartire da alcuni elementi essenziali. Prima di tutto, l’accento posto sulle persone, piuttosto che i processi, dovrebbe guidare qualsiasi considerazione in materia di sviluppo economico, pace e sicurezza e le risposte alle sfide comuni come il cambiamento climatico, la migrazione e la sicurezza alimentare. Mantenere i beneficiari finali in mente, aiuterebbe a identificare politiche e programmi concreti dettati da maggiore partecipazione ed equità socio-economica.

    Il dialogo politico deve affrontare difficoltà specifiche e contribuire a preparare posizioni congiunte nei consessi internazionali quali l’ONU o il dibattito sugli obiettivi di sviluppo post-2015. E’ importante che partner UE-Africa si dedichino alla risoluzione di tensioni legate agli accordi di partenariato economico e stabiliscano posizioni chiare, in particolare verso l’Organizzazione Mondiale per il  Commercio, che siano rispettose dei differenziali di sviluppo. Oltre a sviluppare indicatori di progresso misurabili per  i paesi in via di sviluppo, le discussioni sugli obiettivi post-2015 dovrebbero promuovere anche la responsabilità dei paesi donatori e il monitoraggio degli impegni assunti.

    In fine, la creazione di meccanismi di monitoraggio e di verifica del partenariato oltre che degli impegni addottati permetterebbero di rinforzare la pertinenza delle priorità e la capacità di rispondere alle sfide che si profilano per il prossimo triennio.

    Marta Martinelli è Senior Policy Analyst, EU External Relations at the Open Society European Policy Institute. Qui scrive a titolo personale

    Tags: Marta Martinelli @itrelazioniue-Africa

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