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    Home » Politica » “L’anomalia italiana degli abusi in divisa”, Forenza porta le “violenze di Stato” all’Europarlamento

    “L’anomalia italiana degli abusi in divisa”, Forenza porta le “violenze di Stato” all’Europarlamento

    Acad l’associazione contro gli abusi in divisa, presenta un dossier a Bruxelles

    Jacopo Natali</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@jacopo_natali" target="_blank">@jacopo_natali</a> di Jacopo Natali @jacopo_natali
    16 Marzo 2016
    in Politica
    Eleonora forenza, Parlamento europeo, abusi, violenza

    Ilaria Cucchi

    Bruxelles – “Far parlare le famiglie, e le associazioni, sul tema della violenza di Stato e sul tema degli abusi in divisa”. Eleonora Forenza, europarlamentare del gruppo della sinistra europea Gue/Ngl, ha ospitato ospita al Parlamento europeo Acad (Associazione contro gli abusi in divisa) e i familiari delle vittime di violenze da parte delle forze dell’ordine, per presentare il dossier “Vittime della brutalità della polizia in Italia”, stilato dall’associazione.  Secondo Forenza c’è “un’anomalia italiana, perché se è vero che la violenza di questo tipo è una questione di dimensione europea, l’Italia è pesantemente coinvolta”.

    Cuchi, violenza, abusi, Acad
    Eleonora Forenza

    L’Italia ha ratificato nel gennaio 1989 la Convenzione della Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani e degradanti ma non ha ancora approvato la legge di ratifica. Per Forenza “il codice penale che vige ha le radici piantate nel Codice Rocco di epoca fascista e nella legislazione d’emergenza degli anni 70”. Ma l’anomalia italiana, spiega la parlamentare “sono anche quelle centinaia di famiglie catapultate nella scena pubblica, per chiedere verità e giustizia, dopo una vicenda drammatica come l’uccisione o la tortura di un caro da parte di appartenenti alle forze dell’ordine”.

    Luca Biasi, che opera della sede romana dell’associazione Acad, ha aperto i lavori, passando la parola ai tanti presenti, come Ilaria Cucchi, sorella di Stefano morto in carcere dopo un arresto dei carabinieri avvenuto al Parco degli acquedotti del quartiere Casilino di Roma, oppure Lucia Uva, sorella di Giuseppe deceduto nella stanza del comando provinciale dei carabinieri di via Aurelio Saffi di Varese, ma anche Rudra Bianzino, Osvaldo Casalnuovo, Claudia Budroni, Grazia Serra, Andrea Magherini, e Domenica Ferrulli, tutti familiari che recentemente hanno vissuto una simile drammatica esperienza.

    “Eppure questi ultimi anni di esperienza dolorosa insegnano molto”, ha raccontato Luca Biasi, sostenendo che “le ore immediatamente successive all’abuso sono quelle più importanti, serve subito un avvocato nel caso di decesso, così come è necessario verificare che l’autopsia venga svolta correttamente”. In questi anni di lavoro, quelli di Acad si sono resi conto che, accanto alle questioni tecniche, “sono importanti gli aspetti comunicativi; può essere decisivo avere la forza e la lucidità di raccontare immediatamente la vicenda così com’è, divulgando il più possibile storie che smentiscano quelle ‘ufficiali'”, come ad esempio quella riguardante Federico Aldrovandi, il ragazzo ferrarese descritto come un tossicodipendente che si sarebbe suicidato lanciandosi sopra un manganello fino a romperlo.

    “Il riconoscimento del reato di tortura è una ferita ancora aperta per la mia generazione, infatti ricordo molto bene gli eventi di Genova nel 2001”, ha continuato Forenza, sostenendo che “da allora si sono susseguiti numerosi casi simili, e l’Italia oggi risulta essere lo stato europeo che ha avuto complessivamente più condanne, pagando ai ricorrenti i più sostanziosi risarcimenti”. Analizzando i dati presenti nel dossier, l’esponente Gue/Ngl evidenzia come solo l’Ucraina, con i suoi 13.650 ricorsi, ci batte in quanto a numero di denunce di casi di presunta tortura. L’Italia conta 10.100 ricorsi, ed è per questo motivo che “possiamo parlare di un’anomalia italiana legata agli abusi in divisa, per tutte le famiglie qua presenti, ma anche per una questione di ordine pubblico; in Italia ad esempio non ci sono i numero identificativi per gli agenti” ha concluso l’esponente Gue/Ngl, che insieme al suo gruppo parlamentare intende “costruire una mappa sul tema della repressione in Europa, sollecitando la commissione per le Libertà civili del Parlamento europeo a produrre uno studio sulla situazione italiana anche attraverso un’audizione”. Per quanto riguarda i prossimi mesi, è in cantiere una “Oral question” parlamentare, che verrà presentata alla Commissione o al Consiglio europeo, in modo da sollecitare una apertura di procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia, a partire dal mancato riconoscimento del reato di tortura.

    Tags: abusiAcadpoliziatortura

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