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Gli errori dell'Fmi in Grecia, Irlanda e Portogallo
Christine Lagarde

Gli errori dell'Fmi in Grecia, Irlanda e Portogallo

In un rapporto pubblicato da un ufficio indipendente del fondo monetario internazionale, emerge che, a partire dal 2010, ci furono valutazioni sbagliate sulla dimensione della crisi dell'eurozona

Bruxelles – Sono 650 pagine e spiegano i meccanismi e gli errori del Fondo monetario internazionale durante le crisi in Grecia, Irlanda e Portogallo. Un’analisi che suona come un’autocritica, dato che a realizzarla è stato lo Ieo, l’Indipendent evaluation office dello stesso Fmi.

Un ammissione di colpa, sul bailout in Grecia, era già arrivato dal Fmi nel giugno del 2013, con un “rapporto confidenziale” pubblicato dal Wall Street Journal. In quell’occasione, venivano riconosciute come come sbagliate le pratiche di valutazione sulle conseguenze che le misure di austerità avrebbero avuto sul Paese nel “piano di salvataggio”. Nel novembre successivo, era arrivato anche il “mea culpa” della Troika. E ora, emergono nuove problematiche. Pare che il fondo abbia agito in modo poco trasparente e, sempre secondo lo Ieo, ai direttori dell’istituto fossero stati presentati report “che non contenevano un’analisi approfondita di uno scenario sull’impatto finanziario o che non identificavano esplicitamente il costo a carico di alti membri” in caso di una Grecia in arretrato con uno o più pagamenti.

Inoltre, le proiezioni sulla crescita economica di Atene erano troppo ottimiste. Il fondo avrebbe anche sottovalutato i rischi nel sistema bancario, proprio a partire dal 2010, anno del lancio dell’azione per salvare la Grecia. La crisi poi si allargò a Irlanda, Portogallo e Cipro. Gli analisti non furono dunque “in grado di prevedere la grandezza dei rischi che più tardi sarebbero diventati enormi”. Solo quando la preoccupazione si estese a tutta l’eurozona, l’Fmi decise di modificare le proprie regole “per permettere l’adozione di misure eccezionale per finanziare il governo di Atene”.

Ma c’è di più. La Commissione avrebbe sì cooperato con il fondo, ma avrebbe anche “messo lo staff tecnico sotto pressioni politiche”. Su questo punto, l’esecutivo comunitario ha sottolineato come il punto non fosse solo tecnico ma anche politico e che le discussioni avevano avuto luogo su entrambi i livelli. “Creare un sistema sostenibile per l’area euro e per la Grecia in particolare, è lontano dall’essere una questione da affrontare su un piano puramente tecnico. E certamente è un tema eminentemente politico”, hanno sottolineato da Bruxelles.

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