Bruxelles – Una maggioranza vera e propria ancora non c’è, ma prove tecniche di quella che viene definita dagli addetti ai lavori “maggioranza funzionante” sono in corso. L’annuncio dei capigruppo dei popolari (PPE), socialdemocratici (S&D), liberali (ALDE) e Verdi di aver trovare un’intesa sul “processo politico per un’ambizione comune” indica questo. Il processo è scandito da tempistiche, brevi, e priorità, poche ma mirate.
Ognuno dei quattro gruppi dovrà selezionare due rappresentanti per ciascuno dei gruppi tematici su cui le diverse forze europeiste sono chiamate a confrontarsi: affari economici, stato di diritto, politica estera, clima, commercio. Entro l’11 giugno dovranno essere definiti gli addetti ai diversi gruppi di lavoro. Dal 12 al 17 giugno si cercherà di capire se esiste davvero un terreno comune su cui costruire un percorso di lavoro per i prossimi cinque anni. L’obiettivo è produrre un documento da presentare ai leader il 20 e 21 giugno, quando i capi di Stato e di governo si ritroveranno a Bruxelles per rinnovare le più alte cariche istituzionali europee.
Presidenze e programma di lavoro vanno di pari passo, tuttavia in questo momento in Parlamento ci si concentra sul secondo dossier. “Se ci soffermiamo sulla questione della presidenza del Parlamento si rischia di non avere un’agenda”, ragionano a Bruxelles. Del resto gli stessi capigruppo hanno già detto che formalmente si vorrebbe che si tenesse conto delle indicazioni dei partiti europei, salvo poi dire che conterà altro. Come il programma, appunto. In questo momento si vuole cercare di capire se il fronte pro-europeista può davvero fare da argine alle forze anti-europee nelle loro varie declinazioni (euro-critici, euro-scettici, sovranisti).
Anche se alla fine dovesse nascere “una maggioranza funzionante”, ognuno si manterrebbe comunque mani libere. Il PPE, ad esempio, non intende rinunciare a lavorare assieme ai conservatori (ECR). “Su alcuni dossier possiamo votare allo stesso modo”, confidano fonti interne. Del resto non è un mistero che le delegazioni italiana e ungherese, Forza Italia e Fidesz, hanno sin da subito espresso la volontà di non dialogare con la sinistra. “Ma non c’è alternativa”, riconoscono dalla famiglia popolare. “L’unica maggioranza veramente stabile è questa”. Non c’è alternativa, dunque.
I Verdi si riservano comunque la possibilità di decidere. Disponibilità a lavorare insieme, ma non a tutti i costi. Se dai gruppi di lavoro della prossima settimana non emergerà sufficiente ambizione su clima, politiche sociali e stato di diritto i Greens sono pronti a tirarsi fuori. Il fatto che sia i popolari sia i socialisti abbiano perso voti a scapito dei partiti verdi, induce i Verdi europei ad essere ottimisti circa la volontà di PPE e S&D a mostrare maggiore spirito ecologista e sostenibile, nel tentativo di recuperare parte dell’emorragia di voti.
Nel fronte liberale c’è la consapevolezza che l’ALDE questa volta conta come mai prima d’ora. Il PPE non ha dato vicepresidenze a Fidesz, la cui permanenza all’interno dei popolari è motivo di critiche soprattutto dal partito del presidente francese, Emmanuel Macron. C’è il timore che Orban possa tenere in ostaggio il PPE, ma i liberali tentano lo stesso di avere una lista di azioni politiche prioritarie su cui lavorare insieme.
La prossima dunque sarà la settimana decisiva, almeno per quanto riguarda gli equilibri nell’Aula del prossimo Parlamento europeo. Si capirà fino a che punto le quattro principali forze europeiste sapranno lavorare insieme. La voglia c’è, bisogna capire se questa saprà tradursi in una lista delle azioni politiche da portare avanti nei prossimi cinque anni.
Sempre la prossima settimana (11-14 giugno) il PPE si riunisce a San Sebastian (Spagna). Sono attesi i presidenti uscenti di Commissione e Parlamento UE, Jean-Claude Juncker e Antonio Tajani. Potrebbe essere presente anche la cancelliera tedesca Angela Merkel. Input negoziali per gli addetti ai lavori arriveranno da lì.