Lo Stato di Israele, dopo la tremenda strage del 7 ottobre, ha proclamato la necessità di annientare Hamas, l’organizzazione, che anche l’Unione Europea definisce come terrorista, che ha organizzato l’uccisione di 1.400 persone in Israele ed il rapimento di circa 200 altre.
Purtroppo quelle decisa da Tel Aviv sarà un’operazione sanguinosa ed inutile. Perché Hamas è solo forse la più nota delle organizzazioni che hanno “dichiarato guerra” allo Stato ebraico, è quella ora al potere a Gaza, ma è di fatto solo una perversa espressione di un problema, che resterà. La questione non è distruggere Hamas, ucciderne i capi ed i militanti militari, ma è risolvere la questione palestinese.
Finché non si arriverà ad una soluzione, e quella auspicata da molti è definita “due popoli due Stati”, sconfitta Hamas si presenterà, presto (probabilmente) o tardi un altro gruppo che avrà gli stessi obiettivi e userà purtroppo gli stessi mezzi.
Hamas non è l’Anp, non ha neanche buoni rapporti (anzi, sono pessimi) con l’organizzazione ufficialmente riconosciuta come una quasi autorità statuale, e questo è solo uno dei mille problemi che colpiscono l’area, che di fatto è anche strumento di altri Stati, altri poteri, che in realtà della causa palestinese fanno solo un pretesto per obiettivi diversi nel confronti di Israele.
Il problema di risolvere, è evidente da decenni, non è semplice da nessun punto di vista. Hanno sbagliato in tanti nel passato, ha sbagliato, è evidente a tutti, anche in Israele, il governo di Benjamin Netanyahu che ha deciso di ignorare il tema dei palestinesi, ritenendo forse che lasciando la questione a sé stessa si sarebbe pian piano spenta.
Si sbaglia però anche dicendo che sconfiggere Hamas risolverà qualche cosa. Quello che succederà è che l’attacco in corso sarà vissuto come una vendetta di Israele nei confronti di un intero popolo, ci saranno, ci sono già, migliaia di morti palestinesi e ne arriveranno presto di altri dell’esercito israeliano, ci saranno schegge impazzite che nel resto del mondo lanceranno attacchi, e il problema resterà lì, drammatico e irrisolto. Questo lo sa bene Israele, lo sa bene Hamas che su questo clima fonda la sua forza e la sua ragion d’essere. Come farà, se Hamas verrà distrutta, la prossima organizzazione, o una delle tante che già esistono o una che nascerà. Cambia poco.
Un ultimo paragrafo forse va aggiunto a proposito dell’Unione europea, che proprio in queste ore sta cercando di esprimere una linea comune sull’attacco israeliano, che sarà probabilmente pesantissimo anche per la popolazione civile (ricordo che a Gaza il 40 per cento degli abitanti ha meno di 14 anni). Ecco, l’Ue, che sulla questione israelo-palestinese ha sempre avuto un profilo bassissimo, e dunque purtroppo non ha alcuna influenza ne su una parte né sull’altra, oggi sembra non avere nemmeno la forza di chiedere che si fermino i bombardamenti e l’invasione di terra. Probabilmente saremo ricordati nei libri di storia come attori passivi di un massacro epocale. Nell’ultimo capitolo del conflitto israelo-palestinese non riusciamo nemmeno a essere saldi sui nostri valori fondanti.