Bruxelles – La fretta, con il susseguente rischio inefficienze, e l’onere finanziario, scaricato sulle prossime generazioni. L’altra faccia di un programma per la ripresa su cui la Corte dei conte europea accende i riflettori. Perché il Recovery Fund, nella sua portata per l’immediato, può portare con sé ricadute di lungo periodo. Nelle valutazioni preliminari, l’organismo di Lussemburgo identifica potenziali “sfide che non fanno sperare bene per il futuro”. La prima è quello della restituzione dei prestiti. Chi li ripagherà? Un’idea i revisori dei conti se la sono fatta. Il debito è comune, ma manca uno strumento comune di ripagamento.
Il meccanismo per la ripresa NextGenerationEU prevede 750 miliardi di euro, la maggior parte dei quali (circa 672 miliardi) dal Recovery Fund. Quest’ultimo eroga i fondi agli Stati membri per i piani di rilancio nazionali, finanziati in quota garanzia e in quota-parte prestiti. “C’è un inghippo”, rileva la Corte dei conti: “Non si tratta di denaro “a fondo perduto”, in quanto dovrà essere interamente rimborsato tra il 2028 e il 2058”.
La Commissione ha emesso titoli di debito per reperire soldi sui mercati. Ma sui mercati questi titoli di debito dovranno essere rimborsati. A Lussemburgo “cresce la preoccupazione per il rimborso dei prestiti prelevati dai mercati finanziari per i finanziamenti del Recovery Fund, ulteriormente alimentata dall’assenza di una fonte specifica di finanziamenti Ue per rimborsare i prestiti”. Da qui la considerazione, per i revisori dei conti impossibile da non fare: “La responsabilità del rimborso sarà semplicemente passata alla prossima generazione di contribuenti, come suggerisce bene il nome del fondo?”
Non è questo l’unico motivo di preoccupazione per la Corte dei conti europea, che si interroga sull’effettiva capacità degli Stati membri di fare le riforme che servono. C’è tempo fino al 2026 per utilizzare i fondi messi a disposizione dal meccanismo per la ripresa. Alla fine di marzo 2024 risulta erogato “solo poco più di un terzo dei fondi disponibili” e manca una buona parte degli obiettivi, e questo non gioca a favore della spesa. “Di fatto, man mano che le scadenze si avvicinano, la fretta di spendere può rapidamente tradursi in maggiori errori di spesa“. Non solo. Perché a differenza della normale spesa di bilancio dell’UE, sulla quale la Commissione esercita un controllo e una sorveglianza maggiori, i fondi del Recovery Fund sono soggetti a un minore controllo e a una maggiore autoregolamentazione. “Ne discende un maggior rischio di irregolarità e persino di frode“, avverte la Corte dei conti.
Il monito, di portata generale, ha poi natura specifica visto che i revisori di Lussemburgo chiamano direttamente in causa Spagna e Italia, i principali beneficiari del programma per la ripresa. In questi due Paesi “l’assorbimento dei tradizionali fondi di coesione è in notevole ritardo rispetto alla media dell’Ue e, dato che i finanziamenti del Recovery Fund ‘sono in competizione’ con i finanziamenti per la coesione, il quadro è meno che incoraggiante“.