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    Home » Politica Estera » Ucraina, i Ventisette al lavoro sul 17esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca

    Ucraina, i Ventisette al lavoro sul 17esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca

    Gli Stati membri sentono salire la pressione per stringere le maglie delle restrizioni sul Cremlino dopo l’ennesima strage di civili. Ma per l’accordo ci vorrà ancora un mese, per non parlare dei profitti dai beni russi congelati. Per Kallas sta andando bene la consegna delle munizioni a Kiev

    Francesco Bortoletto</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/bortoletto_f" target="_blank">bortoletto_f</a> di Francesco Bortoletto bortoletto_f
    14 Aprile 2025
    in Politica Estera
    Kaja Kallas

    L'Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: European Council)

    Bruxelles – Mentre la Russia continua a bombardare l’Ucraina, l’Ue non ha ancora trovato la quadra per imporre nuove sanzioni su Mosca, mentre il sostegno a Kiev procede ancora a singhiozzo. Le cancellerie stanno lavorando al 17esimo pacchetto di misure restrittive, che potrebbe essere pronto il mese prossimo, ma le difficoltà maggiori si riscontrano ancora sull’utilizzo dei proventi dai capitali russi congelati.

    È di almeno 34 morti e oltre 110 feriti il bilancio dell’ultimo attacco russo sulla città ucraina di Sumy, poco distante dal confine con la Federazione, condotto ieri (13 aprile) mentre la cittadinanza era riunita per celebrare la domenica delle Palme, ad appena un paio di giorni dalla visita a Mosca dell’inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff. L’ennesima strage di civili ha aumentato la pressione politica sui ministri degli Esteri dei Ventisette, riuniti stamattina a Lussemburgo, ma non è stata sufficiente per imprimere una svolta decisiva. Il 17esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca è ancora in preparazione e non sarà ultimato prima del mese prossimo, come sottolineato dalla stessa Kaja Kallas.

    Sanzioni e beni congelati

    “Tutti gli Stati membri vogliono la pace e tutti appoggiano il cessate il fuoco” accettato dall’ex repubblica sovietica quasi un mese fa, ha dichiarato l’Alta rappresentante (alla sua prima missione nel Granducato). Ma il bombardamento di Sumy “dimostra che i russi non vogliono la pace“, e dunque “l’unico modo per portare la Russia a negoziare è aumentare la pressione“. L’ultimo round di misure restrittive contro la Russia è stato approvato lo scorso febbraio in occasione del terzo anniversario dell’invasione su larga scala dell’Ucraina del 2022.

    “Stiamo lavorando all’imposizione di sanzioni sul petrolio e sul gas“, ha aggiunto l’ex premier estone auspicando “un pacchetto il più forte possibile“. Stavolta, tra le maglie delle sanzioni potrebbero finire intrappolate anche le navi della cosiddetta “flotta ombra” della Federazione (utilizzata fin qui per aggirare le sanzioni già esistenti) e le importazioni di gas naturale liquefatto (gnl), nonché la società atomica statale Rosatom. Questi, almeno, sarebbero i desiderata dei baltici e degli scandinavi, i più vocali sostenitori dell’Ucraina e i più accaniti detrattori della Russia.

    Una volta confezionate, ad ogni modo, le nuove misure restrittive dovranno passare per le Forche Caudine dell’unanimità tra le cancellerie. Che, in termini pratici, significa esporle al veto del primo ministro ungherese Viktor Orbán, il cavallo di Troia del Cremlino in seno all’Ue che si è sempre messo di traverso per quanto riguarda il sostegno a Kiev, tanto da far parlare il ministro lituano Kęstutis Budrys di “un’umiliazione per tutti coloro che si impegnano diplomaticamente per fermare questa guerra”.

    Viktor Orbán
    Il primo ministro ungherese Viktor Orbán (foto: European Council)

    Una questione ancora più spinosa è quella relativa all’utilizzo degli extraprofitti generati dagli interessi sui capitali russi immobilizzati nella giurisdizione dell’Unione (un tesoretto che ammonta a qualcosa come 210 miliardi di euro) per finanziare la resistenza ucraina e la futura ricostruzione del Paese aggredito. La ministra svedese Maria Palmer Stenergard, ad esempio, vorrebbe spingersi fino a sequestrare gli stessi beni congelati.

    La faccenda è complessa tanto dal punto di vista politico quanto da quello giuridico e in Ue se ne discute da parecchio tempo, ma il tema ha guadagnato nuova urgenza dopo il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, data la prospettiva di una chiusura dei rubinetti a stelle e strisce e l’alleggerimento delle sanzioni a Mosca ventilato recentemente dal tycoon newyorkese.

    Aiuti militari

    Sul tavolo dei titolari degli Esteri c’erano anche gli aiuti militari a Kiev. “Abbiamo discusso dell’espansione delle missioni già in corso“, ha spiegato il capo della diplomazia a dodici stelle, ma anche di quella “forza di rassicurazione” di cui si sta occupando la coalizione dei volenterosi a egida franco-britannica. In termini finanziari, ha osservato Kallas “quest’anno gli Stati membri hanno già contribuito oltre 23 miliardi di euro”, una cifra superiore a quella versata dai Ventisette nel 2024 (circa 20 miliardi).

    Ad oggi, ha annunciato, sono stati consegnati circa due terzi dei 2 milioni di proiettili (per un valore totale di 5 miliardi) promessi all’Ucraina dagli Stati membri in quello che resta dell’ambizioso “piano Kallas” da 40 miliardi affossato qualche settimana fa da Italia, Francia e Spagna. L’Alta rappresentante spera di poter arrivare al 100% “nel più breve tempo possibile”.

    È peraltro di stamattina la notizia che il cancelliere tedesco in pectore, il conservatore Friedrich Merz, sarebbe propenso ad inviare all’ex repubblica sovietica i missili Taurus a lunga gittata, superando il netto rifiuto del Bundeskanzler uscente Olaf Scholz e innescando la risposta del Cremlino che condanna l’ennesima “pericolosa escalation”.

    Following yesterday’s horrific Russian attack on Sumy, I addressed the EU Foreign Affairs Council online upon @kajakallas invitation.

    This weekend was Passover and Palm Sunday, and now the Holy Week begins. This should have been a time for peace, but Putin made it a time of… pic.twitter.com/2VVTXzSAPp

    — Andrii Sybiha (@andrii_sybiha) April 14, 2025

    Stamattina, il ministro degli Esteri ucraino Andrij Sybiha (collegato da remoto al Consiglio in corso a Lussemburgo) ha invitato i suoi omologhi Ue a recarsi a Kiev in occasione della giornata dell’Europa il prossimo 9 maggio. Da un paio d’anni, l’Ucraina ha anticipato le celebrazioni per la fine della Seconda guerra mondiale dal 9 maggio – data in cui si festeggiava nell’Urss e si festeggia ancora in Russia – all’8, mentre il giorno successivo ricorda la dichiarazione Schuman del 1950 (considerato l’avvio del progetto comunitario) come fanno i Ventisette.

    Ma sul punto Kallas è stata evasiva: “Ho chiesto a tutti gli Stati membri e alle istituzioni dell’Unione di visitare Kiev quanto più possibile per mostrare la nostra solidarietà”, ha dichiarato ai giornalisti rispondendo ad una domanda sul tema, specificando invece che “non vogliamo che nessun Paese candidato partecipi alle celebrazioni del 9 maggio a Mosca“.

    Tags: beni congelatiguerra ucrainakaja kallassanzioni Russiaviktor orban

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