Milano – “L’energia è tutto per un satellite: senza energia non si comunica, non si manovra, non si osserva”. Una considerazione che può sembrare scontata quella di Marco Sala, giovane Ceo e cofondatore di Revolv Space, startup nata nel 2022 tra Delft (Paesi Bassi) e Torino (Italia), con una visione ambiziosa: “Dare ai piccoli satelliti dei veri e propri superpoteri”. Ma proprio in questa considerazione è racchiuso un problema basilare dell’esplorazione spaziale. Nello spazio, infatti, l’energia necessaria per far funzionare un satellite viene interamente dal Sole e oggi “i modelli più piccoli sono limitati dalla quantità di energia disponibile a bordo, mentre i requisiti di missione sono diventati sempre più esigenti”, spiega Sala.
Ed è proprio in questo settore che Revolv Space propone una soluzione: “Noi interveniamo su questo collo di bottiglia, aumentando la capacità di generazione e rendendo le missioni più autonome e performanti”.
Di tutto questo, ma anche di come queste tecnologie si inseriscono nel panorama europeo della difesa e sicurezza, abbiamo parlato con il Ceo della start up.
Eunews: Ing. Sala, in quali ambiti siete specializzati?
Marco Sala: Siamo specializzati nella progettazione, produzione e test di meccanismi e sistemi di generazione di potenza per piccoli satelliti, un settore in rapida crescita e sempre più strategico anche in ambiti come la difesa e la sicurezza. In particolare, attorno a SARA, il nostro prodotto di punta, abbiamo sviluppato un intero ecosistema “power” che include pannelli solari e sistemi di dispiegamento dei pannelli stessi. Si tratta in gergo di un Solar Array Drive Assembly (SADA), un sistema elettromeccanico che consente ai pannelli solari dei satelliti di orientarsi automaticamente verso il Sole, raddoppiando l’energia catturata.
E: Come sta andando il vostro percorso aziendale?
M.S.: Nonostante siamo attivi da soli due anni e mezzo, e in un comparto conservativo e con cicli lunghi, abbiamo già clienti attivi e stiamo dimostrando una forte trazione commerciale e validità tecnica. A marzo 2025 abbiamo raggiunto un traguardo fondamentale: i nostri sistemi hanno volato con successo a bordo della missione Transporter-13 di SpaceX, installati su satelliti di uno dei nostri primi clienti. Nella stessa occasione, abbiamo anche lanciato la nostra missione dimostrativa con SARA, portando in orbita per la prima volta il nostro prodotto di punta.
E: Qual è il ruolo che l’industria europea può avere nel percorso di realizzazione del nuovo piano di difesa comune?
M.S.: In questo contesto, realtà come Revolv Space rappresentano un esempio concreto di come l’innovazione possa essere applicata rapidamente a soluzioni dual-use. La nostra azienda sviluppa tecnologie spaziali che rispondono alle esigenze sia civili che di sicurezza, promuovendo una filiera industriale europea resiliente, indipendente e performante.
E: Dunque siete attivi in altri ambiti tecnologici oltre alla difesa e sicurezza. Che sinergie esistono?
M.S.:Il nostro focus attuale è orientato principalmente verso operatori commerciali, con applicazioni che spaziano dall’osservazione della Terra e le telecomunicazioni alla ricerca scientifica e space economy in senso più ampio. Le sinergie tra ambiti civili e di difesa sono sempre più evidenti: gli stessi requisiti di affidabilità, autonomia e robustezza che servono in contesti strategici sono anche fondamentali per missioni commerciali complesse.
Per noi la difesa non è contrapposta all’innovazione civile, ma può essere un acceleratore tecnologico e un’opportunità per rafforzare la sovranità industriale ed energetica dell’Europa nello spazio.
E: Torniamo a parlare più nel dettaglio di Revolv Space. Chi sono i vostri clienti? In che punto della filiera operate?
M.S.: I nostri clienti sono aziende che sviluppano e producono satelliti europei ed extra europei, agenzie spaziali e operatori commerciali. Ci posizioniamo a livello di sottosistema, fornendo soluzioni di generazione e gestione energetica chiavi in mano, essenziali per la riuscita della missione.
E: Quanto conta per voi l’innovazione?
M.S.: Nel settore spaziale l’innovazione è data per scontata, ma trasformarla in soluzioni affidabili, accessibili e realmente impiegabili nello spazio non lo è affatto. Per noi, innovare significa portare nello spazio sistemi concreti che risolvono problemi reali per chi costruisce satelliti, riducendo tempi e costi senza compromettere performance e affidabilità. In meno di tre anni siamo passati dal primo prototipo alla qualifica in orbita (TRL 9), posizionandoci come uno dei pochissimi player in Europa in grado di offrire soluzioni energetiche spaziali già testate in volo, pensate per ottimizzare l’efficienza dei pannelli solari.
E: Come affrontate il tema dell’approvvigionamento di materie prime?
M.S.: La supply chain spaziale è complessa e soggetta a turbolenze geopolitiche. Abbiamo quindi iniziato a internalizzare la produzione dei componenti più critici, investendo in filiere italiane ed europee. Questo ci garantisce maggiore controllo, qualità e reattività.
E: Quanto è importante investire sulle risorse umane? Avete difficoltà a reperire le figure giuste?
M.S.: Le persone sono il motore della nostra innovazione. Lavoriamo con team altamente internazionali e multidisciplinari. Il reperimento di talenti in Italia è una sfida, soprattutto per profili tecnico-specialistici con esperienza spaziale. Per questo collaboriamo con università e centri di ricerca, e stiamo strutturando programmi interni di formazione continua e mentorship per i neoassunti. Nel settore spaziale, la risorsa più preziosa non è un brevetto né un impianto: sono le competenze, la motivazione e l’impegno delle persone. È su queste basi che abbiamo costruito i nostri primi successi.
Investire sulle persone è una scelta strategica, non un lusso. In un settore dove ogni dettaglio può fare la differenza tra un successo in orbita e un fallimento, puntiamo a far crescere talenti con la stessa cura con cui sviluppiamo i nostri prodotti.






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