Bruxelles – L’Ue sta finanziando con oltre 1,1 miliardi di euro almeno 63 progetti che violano i diritti fondamentali. Potenzialmente di più, perché l’indagine dell’ong BridgeEU copre solo sei Paesi membri – Grecia, Polonia, Romania, Ungheria, Bulgaria e Repubblica Ceca -. E perché ciò che colpisce è la mancanza strutturale di meccanismi di supervisione sulle risorse erogate dalla Commissione europea. Un’allarme già lanciato – ed è solo l’ultima in ordine cronologico – dalla Corte dei Conti dell’Ue, relativamente ai programmi Ue in Africa.
Il rapporto si basa sui risultati acquisiti dal progetto FURI (Fondi dell’Ue per i diritti fondamentali), cofinanziato proprio da Bruxelles e avviato nel 2024 con lo scopo di fare luce sulle violazioni dei diritti fondamentali legate alle risorse europee. A farne le spese, come spesso capita, sono minoranze e gruppi svantaggiati. BridgeEu ha documentato iniziative che hanno a che fare con la segregazione delle comunità rom, la detenzione e i respingimenti di persone migranti, l’esclusione di minori con disabilità.
Scorrendo i 63 progetti analizzati, emergono due casistiche ben distinte: progetti in cui gli obiettivi fissati dovrebbero già far scattare l’allarme, e progetti che – seppur con le più nobili intenzioni – finiscono per produrre effetti opposti sulle comunità su cui agiscono. In entrambi i casi, salvo qualche eccezione, alle denunce delle persone coinvolte non sono mai seguite sanzioni. E la Commissione europea raramente ha chiuso i rubinetti.
Questo nonostante i regolamenti dell’Ue in materia di finanziamenti prevedano chiaramente l’allineamento dei progetti con i diritti fondamentali. Un punto inquietante, che emerge dalle interviste condotte con organizzazioni della società civile, autorità pubbliche e organismi preposti alla tutela dei diritti fondamentali, è che esiste “un livello molto basso di comprensione degli obblighi in materia di diritti fondamentali e delle modalità con cui questi devono essere rispettati”.
Secondo il rapporto, c’è poi un evidente ‘scaricabarile’ tra Commissione europea e autorità nazionali sulla valutazione delle violazioni. In “tutti i casi” analizzati, Bruxelles ha chiesto conferma dell’esistenza di una violazione dei diritti fondamentali alle autorità nazionali competenti. In “nessun caso”, le autorità nazionali hanno riconosciuto il verificarsi di pratiche discriminatorie. A ben vedere, il conflitto di interessi appare evidente, perché “le stesse autorità pubbliche responsabili della progettazione e dell’attuazione dei programmi sono incaricate di valutare le denunce presentate contro loro stesse”.
Ma “la constatazione forse più preoccupante” è l’assenza di seguito o sanzioni in “quasi tutte” le denunce esaminate. La Commissione europea, che secondo Bridge EU applica “un’interpretazione restrittiva su cosa costituisce una violazione dei diritti fondamentali”, archivia troppo spesso le denunce senza intraprendere alcuna azione, nonostante l’esistenza di prove credibili. La possibilità di tagliare i fondi c’è, come dimostra il caso di Nyíregyháza, in Ungheria, “l’unica eccezione nota” in cui Bruxelles ha sospeso i finanziamenti a seguito della conferma di violazioni dei diritti fondamentali.
A Nyíregyháza, nel nord-est del Paese magiaro, Bruxelles stava finanziando un progetto da oltre 4 milioni di euro per rinnovare alcune infrastrutture nelle zone urbane più svantaggiate della città. Tra gli obiettivi, erano menzionati il miglioramento delle condizioni abitative, lo sviluppo della comunità e la parità di accesso a servizi sociali, sanitari e pubblici di alta qualità. Ma il progetto prevedeva il trasferimento di famiglie nel quartiere, con la conseguenza che i residenti nel quartiere segregato e di studenti nella scuola segregata sono aumentati in modo significativo. A seguito di una denuncia, la Commissione europea ha guardato nelle pieghe del progetto e ha confermato la discriminazione nel settore dell’alloggio e della segregazione scolastica. I fondi non sono stati rimborsati al comune di Nyíregyháza e tutti i costi sono stati coperti dal bilancio dell’autorità locale.
Nella maggior parte dei casi però, questo non succede. Perché la logica applicata da Bruxelles è che le violazioni dei diritti fondamentali che si verificano a livello di attuazione dei progetti sono di competenza delle autorità nazionali, che hanno il compito di monitorarle e porvi rimedio. In altri termini, troppo spesso la Commissione europea se ne lava le mani. Eppure, sottolinea l’ong, “dispone di una base giuridica per intervenire e affrontare la violazione dei diritti fondamentali”.