Bruxelles – Si sblocca il percorso legislativo della direttiva per tirocini di qualità proposta dalla Commissione europea nel marzo 2024. Ma perde i pezzi: i Paesi membri ne riducono la potenziale portata, limitando le maggiori tutele previste a solo un quarto degli oltre 3 milioni di giovani tirocinanti europei che ogni anno svolgono uno stage. Di cui circa la metà lo fanno gratuitamente.
Oggi (19 giugno) la presidenza polacca del Consiglio dell’Ue ha rimesso sul tavolo dei ministri dei 27 il dossier, lasciato da parte dopo cinque tentativi falliti di far approvare il testo da parte della precedente presidenza semestrale, detenuta dall’Ungheria. Il nuovo compromesso è stato sostenuto da 21 capitali, sufficienti per decretarne l’approvazione. A opporsi sono state Spagna, Slovenia, Estonia e Germania, mentre Austria e Repubblica Ceca hanno preferito astenersi.
In particolare, la Spagna ha spiegato di non poter sostenere la posizione adottata dal Consiglio “perché troppo lontana rispetto agli obiettivi iniziali”. Madrid ha denunciato l’ambito di applicazione “molto limitato che lascia al di fuori i settori con maggiori tirocini fittizi”, l’assenza del “principio di non discriminazione dei lavoratori in tirocinio” e di “obblighi formativi per le aziende”. Termini che “potrebbero consolidare cattive pratiche invece di evitarle“. Nel giro di tavolo durante il quale i ministri hanno espresso i loro pareri, la Slovenia si è detta “delusa” per la “mancanza di interesse degli Stati membri” per cercare una posizione comune più ambiziosa.
In sostanza, per il Consiglio dell’Ue la direttiva si dovrà applicare ai soli tirocinanti inquadrati in un rapporto di lavoro – per migliorarne le condizioni – e a chi svolge tirocini “fittizi”, al fine di combattere le pratiche abusive. Restano tagliati fuori invece – “a causa dei loro quadri normativi specifici” – tutti i tirocini nell’ambito dell’istruzione o delle politiche attive del mercato del lavoro. La posizione adottata dal Consiglio ruota intorno alle specificità dei sistemi nazionali e cerca di assicurare ai Paesi membri le maggiori flessibilità possibili: nessun obbligo di introdurre nelle legislazioni nazionali un rapporto di lavoro specifico per i tirocinanti e libertà di scegliere le misure da adottare per combattere i tirocini fittizi, che “dovrebbero basarsi sul diritto o sulla prassi nazionale”.

La vicepresidente esecutiva della Commissione europea responsabile per l’istruzione, la cultura e il lavoro, Roxana Mînzatu, ha ammesso che “avrebbe voluto vedere maggiore ambizione riguardo alle persone coperte dalla direttiva”. L’obiettivo sbandierato da Bruxelles, di porre fine ai tirocini gratuiti, è lontanissimo. Ma Mînzatu non perde la fiducia che il testo si possa migliorare “nei futuri negoziati con il Parlamento europeo”.
L’Eurocamera non ha ancora adottato un propria posizione negoziale sulla direttiva. Dopo mesi di trattative, lo scorso 8 aprile è stato approvato il parere della commissione Cultura (Cult), che contribuirà al testo che dovrà uscire dalla commissione per l’Occupazione e gli Affari sociali (Empl) e che dovrà poi essere votato dall’intera Aula di Strasburgo. Il parere, redatto dal capodelegazione del Partito Democratico Nicola Zingaretti, fissa alcune linee rosse: un contratto scritto e retribuito per tutti i tirocini, una durata definita, contenuti formativi concreti e una coerenza reale tra le mansioni svolte e il percorso di formazione. Secondo l’ex segretario dem la posizione approvata oggi dai Paesi membri “non è solo generica”, ma “profondamente insufficiente e sbilanciata“. Una decisione, quella di “limitarsi a contrastare i falsi tirocini riconosciuti come rapporti di lavoro”, che è una “scelta politica consapevole” che “lascia scoperti i giovani più vulnerabili, quelli impegnati in tirocini legati alla formazione, alle politiche attive del lavoro, alla transizione scuola-lavoro”.
Gli Stati membri hanno inserito “una serie di eccezioni e scappatoie per mantenere tutto immutato“, gli fa eco Benedetta Scuderi, eurodeputata dei Verdi e relatrice ombra della direttiva per il Parlamento. Scuderi sottolinea il rischio di un grave autogol: “Escludendo dal campo di applicazione della direttiva l’80 per cento dei tirocini, resterebbero coperti soltanto quelli sul mercato libero del lavoro, che potrebbero diminuire ulteriormente per eludere la normativa”.