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    Home » Politica » L’Italia ha un governo M5s-Lega, che non vuole lasciare l’euro ma correggere il surplus tedesco

    L’Italia ha un governo M5s-Lega, che non vuole lasciare l’euro ma correggere il surplus tedesco

    Domani il giuramento con la suqadra di ministri. Di Maio e Salvini vicepremier, Paolo Savona agli Affari europei e Giovanni Tria all’Economia: “Uscire dall’euro da soli significa pagare costi senza benefici”

    Domenico Giovinazzo</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@giopicheco" target="_blank">@giopicheco</a> di Domenico Giovinazzo @giopicheco
    31 Maggio 2018
    in Politica
    Giuseppe Conte

    Giuseppe Conte

    Roma – L’Italia avrà un governo M5-Lega. “Lavoreremo intensamente per realizzare gli obbiettivi politici che abbiamo anticipato nel contratto di governo. Lavoreremo con determinazione per migliorare la qualità di vita degli italiani”. Queste le poche parole di Giuseppe Conte, presidente del Consiglio che domani alle 16,00 tornerà al Quirinale con tutta la squadra di governo per il giuramento. Sarà un esecutivo che non cercherà l’uscita dall’euro, ma chiederà la modifica di alcune regole e la correzione di alcune distorsioni, prima tra tutte l’eccesso di surplus commerciale della Germania.

    Dopo una giornata interlocutoria, la svolta nel pomeriggio. Alla fine di una lunghissima riunione, uno striminzito comunicato congiunto del leader pentastellato Luigi Di Maio e di quello leghista Matteo Salvini: “È stato raggiunto l’accordo per un governo politico M5s-Lega, con Giuseppe Conte presidente del Consiglio”. Carlo Cottarelli, ringraziato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per il senso delle istituzioni dimostrato, rimette l’incarico di formare l’esecutivo nelle mani del Capo dello Stato, che poche ore dopo lo riaffida al professore di Volturara Appula.

    Il primo caso di rimpasto ‘preventivo’ di governo – in altre occasioni sono stati sostituiti nomi nell’elenco che il presidente del consiglio incaricato presentava al Colle, ma stavolta Conte ha dovuto rimettere l’incarico e riottenerne un altro – vede rompere la ritualità dell’accettazione con riserva. Memori del veto posto dall’inquilino del Quirinale sul professor Paolo Savona all’Economia – unico elemento ad aver ostacolato la nascita dell’esecutivo giallo-verde già la settimana scorsa – Salvini e Di Maio hanno apportato poche modifiche alla vecchia lista e, per evitare nuove sorprese, si sono accertati che il Colle non avrebbe posto veti sulla soluzione individuata: Savona rimane nella squadra, ma con le deleghe alle Politiche europee; l’Economia viene affidata a Giovanni Tria, ordinario di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma e presidente della Scuola nazionale dell’amministrazione.

    Tria è un altro professore, dalle idee non distanti da quelle di Savona. Siederà all’Ecofin e all’Eurogruppo non con l’intenzione di uscire dall’euro. Farlo “da soli significa pagare solo costi senza benefici”, scriveva in articolo firmato con Renato Brunetta sul Sole24ore nel 2017. Però, cambiare la moneta unica “insieme, come gioco strategico a somma positiva”, indicava, “è possibile e conviene”. L’intenzione, stando al “contratto per il governo del cambiamento”, è contrattare nuove regole che restituiscano agli Stati margini di manovra sulla spesa, con l’obbiettivo di sostenere gli investimenti che producono crescita economica. Niente di diverso rispetto agli esecutivi precedenti – tutti ad esempio hanno provato a ottenere la ‘golden rule’ per scorporare gli investimenti dal calcolo del deficit – ma bisognerà vedere quali nel concreto saranno le richieste, e con quali alleanze e quanta fortuna il nuovo esecutivo riuscirà a portarle avanti.

    Tria può rappresentare un campanello di allarme per la Germania, destinata a trovare un interlocutore più ostico ai tavoli europei. Il professore è infatti convinto che sia l’eccessivo surplus commerciale tedesco – una violazione delle regole economiche europee al pari dello sforamento del 3% nel rapporto deficit/Pil – uno dei principali problemi dell’Eurozona. “Il surplus crescente dell’economia tedesca dimostra che l’espansione monetaria, senza una politica che aiuti la convergenza economica tra i vari Paesi, non fa che alimentare uno squilibrio che ci pone in conflitto anche con il resto del mondo”, scriveva sul quotidiano di Confindustria.

    Il discusso Paolo Savona non siederà con i ministri dell’Economia europei, ma avrà comunque una posizione nevralgica per i rapporti con l’Ue. A lui sono affidate le deleghe per gli Affari europei, trasformando il dipartimento di Palazzo Chigi guidato fino a ieri da Sandro Gozi in un ministero senza portafoglio. Segno anche simbolico dell’importanza che il nuovo esecutivo intende dare alle relazioni con Bruxelles. Passeranno sul tavolo di Savona tutti i dossier più importanti, e il professore parteciperà alle riunioni del Consiglio affari generali, la sede dove vengono trattate preliminarmente le questioni da sottoporre ai capi di Stato e di governo nei Vertici europei. Un ruolo non di secondaria importanza.

    Posti chiave anche per i due leader della maggioranza, entrambi vicepremier. Di Maio assumerà le deleghe al Lavoro e allo Sviluppo economico, accorpando i due ministeri di Via Veneto, Salvini coronerà il desiderio di occuparsi di immigrazione dal ministero degli Interni. Sottosegretario alla presidenza del Consiglio, per affiancare il premier indicato dai 5 stelle, sarà Giancarlo Giorgetti, vicesegretario della Lega.

    Anche la scelta per gli Esteri è in qualche modo connotata di segnali per l’Ue. Il professor Enzo Moavero Milanesi, infatti, è non solo un convinto europeista, ma anche un volto ben noto nei consessi dell’Ue, per aver ricoperto nei governi Monti e Letta l’incarico che ora andrà a Savona.

    Tra gli altri ministri con portafoglio figurano Elisabetta Trenta alla Difesa, come indicato da Di Maio anche nella squadra presentata prima delle elezioni, il deputato M5s Alfonso Bonafede alla Giustizia, il capogruppo leghista in Senato Gian Marco Centinaio, alle Politiche agricole, e il suo omologo pentastellato Danilo Toninelli, alle Infrastrutture. La capogruppo M5s di Montecitorio va alla Sanità, mentre l’Ambiente è affidato al generale Sergio Costa, anch’egli nella squadra scelta da Di Maio prima del voto per essersi contraddistinto nel contrasto delle ecomafie e del clan camorristico dei casalesi. All’Istruzione Marco Bussetti, un ex insegnante di educazione fisica e dal 2015 funzionario dell’Ufficio scolastico della Regione Lombardia. Ai Beni culturali e turismo un’altra ‘conferma’ rispetto alla compagine preelettorale indicata dai 5 stelle, Alberto Bonisoli, presidente della rete delle Scuole di moda.

    Il resto della squadra di Conte contempla, tra i dicasteri senza portafogli, una ministra per il Sud, la senatrice M5s Barbara Lezzi, uno per la Democrazia diretta e i Rapporti con il Parlamento, il questore anziano della Camera Riccardo Fraccaro, una per la Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno, senatrice leghista come Erika Stefani che va agli Affari regionali. Della Lega anche Lorenzo Fontana, che assumerà l’incarico per la Famiglia e disabilità.

    Tags: Contedi maioeurogermaniagiovanni triagovernolegam5sministripaolo savonasalvinisquadrasurplusueuscita

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