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    Home » Economia » Piano Juncker, investimenti degli Stati fuori dal Patto di Stabilità

    Piano Juncker, investimenti degli Stati fuori dal Patto di Stabilità

    Trovato nella notte accordo tra Europarlamento e Consiglio Ue. Sul finanziamento del Fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis) salvaguardato uno dei sei miliardi che sarebbero dovuti essere presi dai programmi di ricerca e infrastrutture

    Lorenzo Consoli</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@LorenzoConsoli" target="_blank">@LorenzoConsoli</a> di Lorenzo Consoli @LorenzoConsoli
    28 Maggio 2015
    in Economia
    rifugiati

    Il presidente Jean-Claude Juncker - foto Commissione europea

    Bruxelles – I contributi alle piattaforme di investimenti strategici del Piano Juncker da parte dei Paesi Ue, delle loro banche di promozione e sviluppo (come la Cassa Depositi e Prestiti in Italia) o di banche che agiscano a nome dello Stato non saranno presi in conto dalla Commissione europea per valutate il rispetto del Patto di Stabilità da parte degli Stati membri. E’ il punto più importante dell’accordo raggiunto la notte scorsa fra i negoziatori del Parlamento europeo, della Commissione e del Consiglio Ue, insieme al compromesso conseguito sulla riduzione di un miliardo di euro del finanziamento del Fondo di garanzia a carico dei programmi comunitari per la ricerca e per le infrastrutture di rete nelle Tlc, nei trasporti e nell’energia.

    Finora, la Commissione europea aveva stabilito che i contributi dei paesi membri al piano Juncker da 315 miliardi di euro non fossero considerati ai fini del rispetto del Patto di Stabilità solo nel caso in cui fossero stati attribuiti al “Fondo di garanzia” (che copre tutti i progetti europei), ma non aveva mai detto una parola definitiva riguardo ai contributi degli Stati destinati direttamente alle “piattaforme d’investimento”, che hanno carattere settoriale o nazionale. D’altra parte, i contributi nazionali di questo tipo sono stati i soli offerti finora da alcuni Stati membri (8 miliardi di euro da Italia, Francia Germania e Polonia, 1,5 miliardi dalla Spagna, 80 milioni di euro dal Lussemburgo). L’accordo della notte scorsa chiarisce, finalmente e definitvamente, la questione nel senso per cui aveva spinto, in particolare, il governo italiano durante la sua presidenza del Consiglio Ue nel secondo semestre del 2014.

    “Un contributo nazionale agli investimenti, che sia di un paese membro o di una banca di promozione o di una banca che agisce a nome dello Stato, sarà registrato nei conti pubblici del Paese interessato ma considerato come misura ‘una tantum’ (ovvero non di natura strutturale, ndr) e non sarà preso in conto ai fini del rispetto del Patto di Stabilità e di Crescita”, ha confermato oggi, in una conferenza stampa a Bruxelles, il vicepresidente della Commissione europea Jyrki Katainen, illustrando i contenuti dell’accordo della notte. Da parte del Parlamento europeo, l’accordo su questo punto è stato confermato dal presidente della commissione Affari economici Roberto Gualtieri (Pd), che ha partecipato ai negoziati fra le istituzioni Ue.

    Nelle trattative è stato poi risolto l’altro punto controverso che bloccava il Piano Juncker: le risorse comunitarie a cui attingere per finanziare il Fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis). Questo Fondo di garanzia per gli investimenti del Piano Juncker dovrà essere di almeno 21 miliardi di euro, di cui 5 miliardi a carico della Banca europea per gli investimenti (Bei), e 16 miliardi dal bilancio Ue.

    Nel testo iniziale della Commissione, si proponeva di stanziare subito nel Fondo di garanzia 8 miliardi dal bilancio Ue (con la possibilità di arrivare a raddoppiarli più tardi se necessario) prendendoli soprattutto (6 miliardi) da due dei programmi più importanti del quadro pluriennale di bilancio 2014-2020: “Horizon” per la ricerca e sviluppo e il programma “Connecting Europe Facility” (Cef) per il finanziamento delle infrastrutture di rete (trasporti, energia e tlc). I restanti 2 miliardi di euro dovevano venire invece dal “margine”, ovvero la parte non utilizzata del bilancio comunitario annuale che normalmente ritorna agli Stati membri.

    L’accordo della notte scorsa prevede di ridurre a 5 miliardi di euro il contributo dai programmi comunitari e di aumentare a 3 miliardi la parte della garanzia a carico del margine di bilancio annuale. In pratica, viene salvaguardato 1 miliardo in più per i due programmi Horizon e Cef.

    Con il Fondo di garanzia ora sui binari, il Parlamento europeo approverà il Piano Juncker durante la “mini plenaria” di Bruxelles, il 24 giugno prossimo, in modo che il programma di investimenti possa partire alla fine dell’estate, probabilmente a settembre, secondo la Commissione.

    Lorenzo Consoli per Askanews

    Tags: Jyrki KatainenPiano Juncker

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