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    Home » Editoriali » Schola Europaea

    Schola Europaea

    Diego Marani di Diego Marani
    12 Marzo 2013
    in Editoriali
    La Scuola europea di Uccle,  in Belgio
    La Scuola europea di Uccle, in Belgio

    Un’istituzione europea sta lentamente morendo nell’indifferenza generale. Le Scuole europee hanno sempre meno soldi e continuano a chiudere corsi e a razionalizzare i programmi, come si dice oggi quando si vuole tagliare i fondi a qualcosa. Le Scuole europee sono una rete di scuole internazionali oggi riservate ai funzionari europei ma un tempo aperte anche ad altri espatriati. Offrono curriculum equivalenti ai nostri licei, con orientamenti più letterari o più scientifici, a seconda della scelta. Forniscono una parte dell’insegnamento nella lingua madre dell’alunno e il resto in una delle tre lingue veicolari: francese, inglese e tedesco. A questo si aggiunge ovviamente anche lo studio di una terza lingua. Un sistema di studio infallibile, perché dalle Scuole europee si esce parlando tre lingue. Infatti gli insegnanti delle Scuole europee vengono direttamente dall’organico dei ministeri dell’istruzione nazionali e sono tutti di madre lingua.

    Le Scuole europee sono finanziate dal bilancio comunitario ed erano state pensate per i funzionari europei che nelle loro sedi di lavoro non potevano iscrivere i loro figli a scuole con insegnamenti nelle loro lingue nazionali. A Bruxelles e non solo, diventarono rapidamente anche le scuole di quegli espatriati che si potevano permettere di pagare la retta, non eccessiva ma cospicua, che le Scuole europee chiedevano ai non funzionari. Recentemente, malgrado la forte domanda, le Scuole europee hanno chiuso le loro porte ai non funzionari e ora stanno lentamente spegnendo anche molti corsi nelle lingue nazionali meno diffuse e in una serie di materie di studio. Per mancanza di soldi, ma forse non solo.

    Forse gli Stati membri hanno deciso di portare a spegnimento le scuole europee perché fanno loro paura. Fa paura il loro successo, le carriere brillanti dei loro studenti, il loro cosmopolitismo, il loro spirito aperto, il loro multilinguismo. Fanno paura generazioni di studenti che non hanno studiato le nostre patetiche mitologie di storia nazionale ma nel particolare curriculum delle scuole europee sono stati educati a vedere l’Europa prima di tutto, la sua complessità, la sua ricchezza. Fanno paura scuole che superano di gran lunga i risultati delle scuole nazionali e i cui diplomati vengono spesso ammessi senza esami di selezione in importanti università europee e americane. Fa paura insomma agli Stati membri avere sotto gli occhi un modello di scuola che funziona, che costa denaro ma che diploma giovani competenti e capaci. La Scuola europea è la prova che a spendere nell’istruzione si ottengono ottimi risultati. Così una scuola che dovrebbe essere un modello per l’Europa intera sta lentamente scomparendo. E per noi italiani il danno è doppio. Perché noi qui a Bruxelles come in altre sedi UE non abbiamo scuole italiane. Durante la campagna elettorale abbiamo sentito qui a Bruxelles sprovveduti candidati grillini sbraitare contro i privilegi dei funzionari e pretendere la chiusura delle scuole europee. Senza muovere un dito, stanno ottenendo quello che volevano. Anche in questo episodio, come in tanti altri, è sorprendente vedere come sia chiaro da che parte sta il buon senso e la ragione e da che parte sta il populismo grillino.

    La battaglia giusta sarebbe stata invece quella di sostenere le scuole europee, di chiederne il potenziamento e la diffusione altrove, come l’apertura gratuita a tutti coloro che vogliono iscriversi. Così i tanti italiani di Bruxelles e non solo i funzionari UE, avrebbero potuto studiare anche nella loro lingua. Ma soprattutto il modello della scuola europea si sarebbe diffuso e sempre più giovani europei avrebbero avuto la possibilità di parlare più lingue e di seguire un curriculum di studi meno asfittico dei nostri programmi nazionali, tutti incentrati sul nostro piccolo mondo antico. Il Trattato di Lisbona esclude ogni competenza dell’Unione europea in ambito culturale e educativo. L’esempio della Scuola europea mostra bene il perché. Una scuola europea scalzerebbe in fretta i vetusti sistemi scolastici nazionali. Come in tante cose, ancora di più nell’istruzione, quando si pensa e si costruisce in una dimensione europea si coglie sempre nel segno. Per la colpevole miopia dei nostri politici, la scuola europea scomparirà presto, ma le tante generazioni di suoi diplomati sparsi per l’Europa se ne ricorderanno. E chissà forse un giorno anche loro vorranno per i loro figli scuole pubbliche multilingui e aperte che guardano al mondo.

    Diego Marani

     

    Tags: chiusura schola europaeascuola europea

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