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    Home » Editoriali » Perché Triton era la cosa migliore da fare

    Perché Triton era la cosa migliore da fare

    Lorenzo Robustelli</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@LRobustelli" target="_blank">@LRobustelli</a> di Lorenzo Robustelli @LRobustelli
    14 Luglio 2017
    in Editoriali
    Triton, porti, salvataggi, migranti, immigrati

    Probabilmente la missione Triton era la cosa migliore da fare, forse anche l’unica possibile. Da giorni si dibatte su questo “accordo capestro” in base al quale tutti i migranti salvati nel mare Mediterraneo vengono sbarcati in Italia. Ed in effetti salta all’occhio l’atteggiamento, odioso, dei presunti, in questo caso, partner dell’Unione europea che si rifiutano di offrire i loro porti, e che neanche si prendono le persone bisognose di protezione internazionale, come in realtà dovrebbero, secondo gli accordi sottoscritti a Bruxelles.

    Ma prima di Triton cosa c’era? C’era un Paese solo, l’Italia, che accoglieva tutti, un Paese solo, sempre l’Italia, che pagava per tutto (quasi 10 milioni al mese), un Paese solo, ancora l’Italia, che doveva mettere in acqua le navi per salvare le persone in mare. Era l’operazione Mare Nostrum dove nostrum più che altro stava per “dobbiamo fare tutto da soli”.

    Poi, con grande fatica si è arrivati a Triton, salutata come un successo da quasi tutti in Italia e due di quelle tre condizioni non ci sono più: a pagare, anche se poco, probabilmente troppo poco, sono anche gli altri Paesi dell’Ue attraverso la Commissione europea, e le navi in mare non sono solo quelle dei marinai italiani. Poi, certo, la nave finlandese non si porta i migranti che salva nel suo porto di HaminaKotka: ci vorrebbero settimane di navigazione, con costi enormi, rischi di ammutinamenti e una scarsissima efficienza della cosa, dovendo lasciare il teatro delle operazioni per oltre un mese, forse due tra andata e ritorno.

    Se l’Italia avesse chiesto che oltre ai salvataggi i partner si portassero i migranti tutti da loro non avremmo ottenuto mai niente, questa è una certezza, dimostrata anche dalle enormi difficoltà incontrate nel cambiare l’accordo di Dublino sull’accoglienza dei richiedenti asilo (numero enormemente minore di persone rispetto al totale).

    L’accordo Triton ha poi aperto il confronto sulla distribuzione dei meritevoli di protezione tra i Paesi dell’Unione. Non è stato poco, anche se il progetto non funziona. Dobbiamo però ricordare le condizioni che c’erano solo fino a pochi anni fa, quando i migranti affogavano a migliaia e la allora commissaria europea agli Affari interni Cecilia Malmstrom (svedese) rispondeva che l’immigrazione era “una questione italiana”.

    Nel 2014 ottenere Triton insomma è stato un grosso primo passo avanti. Poi la Commissione Juncker ha tentato di prendere il toro per le corna, ha fatto della questione delle migrazioni una delle sue priorità ed è cambiato tutto l’approccio, dunque guardandolo ora Triton può sembrare poca cosa. Ma all’epoca non era così .

    All’epoca l’Italia ottenne quel che era possibile e non fu poco.

    Ora il contesto è diverso, talmente diverso che si può tentare di discutere di cambiare il principio che gli sbarchi sono tutti in Italia, ma nel 2014 era impensabile passare da zero a tutto, ottenere aiuto nel search and rescue a anche nell’accoglienza.

    Tags: Accordo di DublinoimmigratiMare NostrummigrantiPortisalvataggitritonunione europea

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