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    Home » Politica » Sciopero generale, la Catalogna si ferma contro le violenze della polizia

    Sciopero generale, la Catalogna si ferma contro le violenze della polizia

    Chiusa anche la Sagrada Familia, simbolo di Barcellona, un hotel di Catella ha cacciato i poliziotti che alloggiavano al suo interno. Il leader di Ciudadanos, Riviera: "Basta con questa follia"

    Giulia Giacobini</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@GiuliaGiacobini" target="_blank">@GiuliaGiacobini</a> di Giulia Giacobini @GiuliaGiacobini
    3 Ottobre 2017
    in Politica
    Gli studenti scioperano con i cerotti sulla bocca per protestare contro le violenze della polizia

    Gli studenti scioperano con i cerotti sulla bocca per protestare contro le violenze della polizia

    Bruxelles – Sciopero generale in Catalogna per protestare contro le violenze della polizia che, nel giorno del referendum, hanno provocato quasi 900 feriti. Sono chiusi molti uffici, scuole e università. Persino la Sagrada Familia, simbolo di Barcellona, per la prima volta nella storia della Spagna, chiude le porte ai turisti. Allo sciopero hanno aderito i sindacati Cgt, Iac e Cos e, secondo la Cgt, sta ottenendo un seguito “molto elevato” in settori come trasporti, commercio, stivaggio e agricoltura.

    Si è fermato anche il mondo dello sport, tra i calciatori che protestano il difensore del Barcellona Gerard Piquè che già nel giorno del referendum aveva ricordato in lacrime che “nel franchismo non si votava”, non in una democrazia. I treni sono in ritardo, alcuni voli potrebbero essere cancellati e le autorità si aspettano problemi e disagi anche nei porti del capoluogo e di tutte le altre città costiere della regione. 

    “Tancat per vaga general“. “Chiuso per sciopero generale”, si legge nei fogli appesi alle vetrine dei negozi, “in difesa dei diritti civili e politici”, “per denunciare la violenza esercitata dalle forze di sicurezza spagnole durante il referendum del primo ottobre”.

    Lo sciopero è stato proclamato dai movimenti sociali e dalla Candidatura di Unità Popolare, un partito politico catalano di sinistra e indipendentista. I due maggiori sindacati spagnoli non lo appoggiano e anzi, hanno chiesto alla popolazione di non prendervi parte ma il loro appello sembra essere caduto nel vuoto.

    Già nella giornata di ieri, 15.000 persone sono scese in strada a Barcellona per bloccare il traffico. “Le strade sono nostre”,”la violenza era la norma durante Franco”, hanno gridato i manifestanti ricordando i tempi della dittatura franchista. Qualche chilometro più in là, gli studenti hanno affollato Placa de Catalunya. Alcuni avevano cerotti in bocca e mani alzate in segno di resa. Altri, invece, hanno preferito mostrare il pugno chiuso e intonare l’inno catalano. Lo stesso hanno fatto alcuni loro coetanei a Girona, altra città catalana dove la violenza della polizia ha provocato diversi feriti durante il primo ottobre, giorno del referendum sull’indipendenza. “Lo sciopero e le manifestazioni sono la risposta migliore che possiamo dare alla polizia”, hanno esclamato gli attivisti dando la loro adesione.

    Non si è unito allo stop, ma ha deciso di protestare a modo suo il proprietario di un hotel a tre stelle nel villaggio balneare di Catella, poco a Nord di Barcellona. David Coll, questo il nome dell’uomo, ha chiesto a 100 agenti della Guardia Civil che alloggiavano nella struttura di andarsene. Praticamente li ha cacciati. La notizia è riportata dal Daily Mail, secondo il quale la decisione è stata presa dopo che alcuni poliziotti hanno deciso di utilizzare i manganelli per disperdere i manifestanti che si erano radunati fuori dal complesso. Prima di questo avvenimento, molti camerieri dell’hotel si erano dati malati e i fornitori avevano smesso di portare il cibo.

    Albert Rivera, leader del partito politico anti-indipendentista Ciudadanos, ha chiesto a Carles Pugdemont, presidente del governo catalano di “mettere fine a questa follia” e smetterla con questa storia della secessione. Gli ha fatto eco il ministro della giustizia spagnolo Rafael Català. “Se qualcuno prova a dichiarare l’indipendenza di parte del territorio – cosa che non è legale -, saremo costretti a fare tutto il possibile per applicare la legge”, ha detto il ministro intervenendo in Tv lunedì 2 ottobre. Ancora più dura la reazione di Rafael Herando, portavce del partito popolare. In un’intervista alla radio spagnola RNE, Hernando ha detto che “lo sciopero catalano è esclusivamente politico e Puigdemont e Junqueras stanno portando avanti una politica nazista”. Poi ha aggiunto “Cup e la sinistra repubblicana di catalogna voglioni i morti”.

    Per ora, i politici catalani hanno espresso la volontà di dichiarare l’indipendenza ma non l’hanno ancora fatto. Secondo la “Legge di transitorietà”, la norma approvata a inizio settembre per avviare il distacco, il parlamento catalano deve “effettuare la dichiarazione formale, i suoi effetti e definire l’inizio del processo costituente” due giorni dopo la proclamazione dei risultati. Ciò significa che resta un giorno solo per convocare la sessione straordinaria. I movimenti sociale e il Cup la chiedono a gran voce ma Carles Puigdemont è più cauto. Se si proclamasse l’indipendenza, lui potrebbe essere sospeso e la Spagna potrebbe prendere il controllo amministrativo della Spagna. Lo sancisce la Costituzione.

    Tags: Albert Riveracandidatura di unità popolareCarles PuigdemontGuardia CivilRafael Catalàsciopero

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