Con la nomina di Donald Tusk alla presidenza del Consiglio europeo e di Federica Mogherini nuovo Alto rappresentante è ora arrivato il momento per Jean-Claude Juncker di mettere a punto la futura Commissione europea. “Da domani inizieranno le consultazioni con i candidati”, ha spiegato la portavoce del lussemburghese, Natasha Bertaud. Tutti i Paesi hanno presentato i loro nomi, tranne uno: il Belgio, ancora alle prese con la difficile formazione del nuovo governo. Qualcuno, come la Slovenia, ha presentato più di una candidatura, “Juncker intervisterà Alenka Bratusek”, ha annunciato Bertaud. Sul nome della ex premier (ancora in carica per gli affari correnti) però nel Paese ci sarebbero diverse polemiche e per questo resta a in corsa anche l’eurodeputata socialista Tanja Fajon.
Le trattative saranno difficili e i nodi da scogliere principali saranno tre: l’assegnazione dei portafogli, soprattutto quelli, più ambiti, che riguardano l’Economia, e poi il numero di donne e di commissari liberali. Il nuovo presidente sembra poi che stia tentando di lavorare alla creazione di un gruppo ristretto di commissari “senior”, che avrebbero la qualifica di vice-presidente ma senza un portafoglio specifico ma bensì la competenza di coordinamento per aree.
Per quanto riguarda il futuro del nuovo esecutivo Juncker dovrà innanzitutto ‘ricollocare’ gli altri due candidati alla carica di Alto rappresentante, ovvero la bulgara Kristalina Georgieva, che potrebbe essere confermata alla Cooperazione internazionale, e il polacco Radek Sikorski che, con la nomina di Tusk a Presidente del Consiglio europeo sembra possa diventare anche il nuovo premier polacco fino alle elezioni dell’anno prossimo. C’è poi l’ambitissimo portafoglio agli Affari economici che i socialisti pretendono che sia assegnato a loro (e lo stesso Juncker si era dichiarato favorevole a concederglielo). In pole fino a poco fa c’era il francese Pierre Moscovici, candidato apprezzato anche dall’Italia. Ma con Francois Hollande sempre più in difficoltà e Parigi che continua a sforare i limiti di bilancio sembra difficile che i paesi “rigoristi” possano dare il proprio assenso alla nomina. Si parla allora di un socialista ‘anomalo’, l’attuale presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem. Ma anche lui, per le ragioni opposte, potrebbe creare malumori.
Per quanto riguarda il numero di donne Juncker non è ancora riuscito a raggiungere la ‘quota Barroso’, ovvero nove, numero minimo perché la squadra possa superare l’esame dell’Aula di Strasburgo. Socialisti e liberali hanno già detto chiaramente che se si andrà sotto quella soglia il loro voto sarà impossibile. Al momento oltre a Mogherini ci sono altre sei donne in lizza. La Danimarca ha proposto il ministro dell’Economia e dell’Interno Margrethe Vestager, una liberale di sinistra, ci sono poi la bulgara popolare Georgieva, la liberale svedese Cecilia Malmstroem, la liberale ceca Vera Jourova, la slovena Bratusek. L’Olanda potrebbe indicare il proprio ministro al Commercio, la socialista Lilianne Ploumen. “Juncker spinge perché anche la candidata belga sia donna”, ha spiegato la sua portavoce. In questo modo il numero totale sarebbe otto, ancora insufficiente ma comunque un passo avanti. Per il Belgio si parla dell’europarlamentare fiamminga Marianne Thyssen (Ppe), ma anche della liberale vallona Frédérique Ries. Una scelta quest’ultima che permetterebbe a Juncker di aumentare anche il numero degli esponenti dell’Alde e assicurarsi così il loro voto in Aula. Senza una adeguata rappresentanza i liberali hanno già fatto sapere che non daranno il loro via libera.