Un immigrato irregolare che, dopo essere stato espulso da un Paese, vi faccia ritorno violando il divieto di ingresso, può essere incarcerato. A stabilirlo è la Corte di Giustizia dell’Unione europea, secondo cui una normativa nazionale che “qualifichi come reato il nuovo ingresso illegale di un cittadino di un Paese terzo in violazione di un divieto di ingresso, prevedendo finanche una pena detentiva” non è in contrasto con la “direttiva rimpatri” comunitaria.
A portare la questione all’attenzione della Corte, il caso di Skerdjan Celaj, cittadino albanese che nel 2012 è stato identificato in territorio italiano ed espulso con divieto di ingresso per un periodo di tre anni. Poco dopo, però, il signor Celaj è stato nuovamente trovato in Italia in violazione del divieto di ingresso emesso nei suoi confronti. Il pubblico ministero ha avviato un procedimento penale davanti al Tribunale di Firenze chiedendo la condanna dell’uomo a otto mesi di carcere. La legislazione italiana prevede infatti che sia punito con pena detentiva da uno a quattro anni il cittadino di un Paese terzo che entri irregolarmente in Italia trasgredendo un divieto d’ingresso. Ma il Tribunale di Firenze vuole verificare, rivolgendosi alla Corte di giustizia, che la normativa non violi la normativa rimpatri.
No, risponde la Corte di giustizia Ue, secondo cui la direttiva “rimpatri” non vieta che il nuovo ingresso illegale sia qualificato come “reato” né che siano previste sanzioni penali, sempre nel rispetto delle norme fondamentali. Questo vale sia per quei cittadini di Paesi terzi che continuino a soggiornare irregolarmente nel Paese nonostante siano oggetto di procedura di rimpatrio, sia a maggior ragione per quelli che, una volta espulsi, facciano illegalmente ritorno nel Paese in violazione di un divieto di ingresso.