È scontro o è tattica? Ieri, improvvisamente, il tono del confronto tra Commissione europea e Italia sulla manovra di Bilancio si è impennato, con Jean-Claude Juncker che , in sostanza, ha accusato l’Italia di imbrogliare sui conti del terremoto e della gestione della crisi dei migranti per avere più flessibilità, e il premier Matteo Renzi che gli risponde per le rime, dicendo che sulla sicurezza delle scuole lui non fa sconti a nessuno. Certo una frasetta di Juncker è stata sopra le righe: dire, riferendosi al fatto che ci sono Paesi che affermano che questa Commissione è portatrice di austerità allo stesso modo della precedente, je m’en fous non è stata la scelta migliore. La frase , tradotta in italiano con “me ne frego”, uno slogan caro a Benito Mussolini, non ha fatto che peggiorare la situazione (con l’aiuto di titoli un po’ forzati sui nostri quotidiani) e questo non può aiutare i rapporti di Bruxelles con gli italiani. Ma il presidente della Commissione è così, nel bene e nel male, sanguigno ma sempre pronto al dialogo e davvero impegnato, nella misura del possibile, nel favorire la crescita sull’austerità. Non è certo Alexis Tsipras, ma dire che con lui rispetto a quando c’era Barroso le cose non sono cambiate è una balla, su questo non ci possono essere dubbi. E non a caso il commissario chiave in questa vicenda, il francese Pierre Moscovici, ha provato ad abbassare i toni, ha parlato di rispetto delle regole, ma anche del fatto che sono e possono essere “intelligenti”, ha detto che continua a confrontarsi con l'”amico” Pier Carlo Padoan, e che una soluzione è possibile. E allora sorge una domanda: i modi usati puntano davvero a ridimensionare le posizioni italiane o sono forse, piuttosto, un modo per aiutare Roma facendo, come si dice a Napoli “ammuina”? Un modo per creare una cortina fumogena per far contenti i Paesi più riottosi a concedere ulteriore flessibilità al nostro Paese, ma in sostanza lavorando, per quanto possibile, a far ottenere all’Italia quello che chiede. Certo forse non tutto quello che chiede ma comunque qualcosa (la Commissione sarà pure cambiata rispetto all’esecutivo Barroso, ma non fino a questo punto). E anche a Renzi non conviene forse, in vista del referendum di dicembre, fare un po’ di campagna elettorale “parallela” tenendo alto il tono dello scontro per poi rivendere come un grande successo personale il possibile passaggio della manovra di Bilancio nelle maglie di Bruxelles? O comunque far vedere, se anche non andasse poi in porto come lui spera, che non ha piegato la testa davanti a nessuno? Questo scontro insomma sembra avvantaggiare entrambi, Juncker e Renzi. Se c’è una tacita intesa in questo senso però il rischio è uno: che qualcuno perda il controllo e lo scontro diventi vero. In questo momento sono tante le partite aperte e la situazione in Europa è delicata, può bastare poco a far crollare un castello costruito con fatica.


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Wrongeu
di Alfonso Bianchi

Matteo Renzi e Jean-Claude Juncker a Bruxelles
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