Bruxelles – L’Unione europea ha emesso delle sanzioni contro i vertici delle forze armate e dell’intelligence della Repubblica Democratica del Congo, disponendo restrizioni di movimento e congelamento dei beni, nei confronti di sette figure apicali delle forze dell’ordine del Paese accusate di uso eccessivo della forza e di violenze contro la popolazione.
Nelle conclusioni del Consiglio Affari esteri, che si è svolto oggi a Bruxelles, si chiede anche al governo del presidente Joseph Kabila, di cooperare nell’azione investigativa volta ad assicurare alla giustizia i colpevoli delle violenze.
L’Unione europea e i suoi ministri si sono detti “molto preoccupati della situazione politica della Repubblica Democratica del Congo”, ricordando che i recenti episodi di violenza degli scorsi 19 e 20 settembre che hanno causato la morte di almeno 50 persone nella capitale Kinshasa costituiscono “serie violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali”.
Il mandato dell’attuale presidente Kabila, ininterrottamente al potere dal 2001, è agli sgoccioli, dovrebbe finire il prossimo 19 dicembre, tuttavia la scadenza “è a rischio”, si legge nella dichiarazione congiunta dei ministri degli esteri, “dopo i recenti giri di vite e violazioni dei diritti fondamentali”, nel Paese.
L’instabilità del Paese e la recente escalation di violenza erano state denunciate la settimana scorsa dall’attivista italiano di origini congolesi, il cosiddetto “Peace Walking man”, giunto a Bruxelles dopo una lunga marcia partita da Reggio Emilia per denunciare le violenza in corso nella Repubblica democratica del Congo, chiedendo anche la fine della presidenza Kabila.
“Qualunque sarà il nuovo governo dopo quella data, c’è bisogno che sia legittimato in una struttura politica chiara e inclusiva”, avvertono i ministri degli Esteri da Bruxelles, “altrimenti ne risentiranno i rapporti del Paese con l’Unione europea”.
Dal canto suo, l’Ue sta cercando di raggiungere un accordo che assicuri la pace e elezioni credibili il prima possibile in linea con quanto chiedono la Costituzione della RDC e la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu 2277 del 2016.
Attualmente, gli sforzi per raggiungere la pace passano anche per la mediazione della Conferenza episcopale che sta dialogando continuamente con rappresentanti, sia del governo che dell’opposizione, per arrivare al raggiungimento della pace.
I ministri degli Esteri hanno assicurato l’impegno dell’Unione europea a monitorare “gli sviluppi cruciali della situazione politica in Congo nelle prossime settimane”, prendendo in considerazione la possibilità di “introdurre altre misure restrittive nel caso si verificassero ulteriori violenze e il processo politico venisse ostacolato”.