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Europa e radicalizzazione jihadista: Opportunità e sfide ad un anno dagli attacchi di Bruxelles

Europa e radicalizzazione jihadista: Opportunità e sfide ad un anno dagli attacchi di Bruxelles

Le necessarie risposte di policy da parte di Unione Europea e Stati Membri

 

Le recenti commemorazioni del primo anniversario degli attacchi terroristici di Bruxelles, avvenuti il 22 marzo 2016 e costati la vita a trentadue civili e tre attentatori, hanno dato uno stimolo nuovo per riflettere sul complesso fenomeno della radicalizzazione jihadista in Europa e sulle necessarie risposte di policy da parte di Unione Europea e Stati Membri.

Fil rouge dell’ondata di terrore che ha scosso l’Europa, e non solo, nel corso degli ultimi due anni, la radicalizzazione, jihadista e non, si può definire come una “socializzazione all’estremismo”, suscettibile di tradursi in azione violenta. Collocandosi problematicamente tra dimensione individuale e sfera collettiva, essa affonda le sue radici in fattori etereogenei e spesso interscambiabili: un’ideologia estremista, quale quella del cosiddetto Stato Islamico(ISIS)/Daesh, risentimenti di natura storica o politica, un passato criminale, marginalizzazione socio-economica o vincoli comunitari auto-esclusivi.

Come dimostrato dalle biografie degli attentatori, il fenomeno può interessare individui o gruppi vulnerabili in numerosi contesti, siano essi reali come scuole ed università, prigioni, moschee o periferie urbane, o virtuali, grazie all’utilizzo di piattaforme online quali Twitter, Facebook, WhatsApp, ed altre ancora, per campagne di reclutamento su internet.

La radicalizzazione jihadista rappresenta per l’Europa una sfida prioritaria per l’immediato futuro, per almeno quattro distinte ragioni. Da un punto di vista di politica estera, l’emergere di Isis/Daesh ed il fenomeno dei foreign fighters testimonia il venir meno delle linee divisorie tra dimensione interna ed internazionale della lotta al terrorismo, e richiede una migliore comprensione delle dinamiche operanti in regioni-chiave quali il Medio Oriente, il Nord Africa, il Golfo ed i Balcani Occidentali. Sotto un profilo di sicurezza, il ritorno della minaccia terroristica in Europa, dopo il picco di violenze degli Anni Settanta, presenta una sfida asimmetrica ed insidiosa, che richiede un’ampia gamma di strumenti di rilevazione e prevenzione da parte degli apparati di sicurezza nazionali. Guardando alla componente sociale, la radicalizzazione jihadista manifesta il rischio di una crescente polarizzazione politica e culturale in seno ad alcune comunità islamiche in Europa, in particolare tra i più giovani, e può costituire un ostacolo concreto alla loro necessaria integrazione. Infine, l’importanza politica della lotta alla radicalizzazione diviene ancora più evidente in ragione dell’ascesa di movimenti populisti e di estrema destra in diversi Paesi europei, ansiosi di sfruttare la minaccia terroristica al fine di perseguire un’agenda xenofoba ed anti-islamica, favorendo al contempo una pericolosa dialettica tra estremismi.

Dinnanzi a questa complessa ed urgente sfida, negli ultimi mesi l’Unione Europea ed i suoi Stati Membri hanno adottato una serie di provvedimenti volti a contrastare la minaccia della radicalizzazione jihadista ed i suoi potenziali risvolti terroristici. Tra questi, lo scorso giugno la Commissione Europea ha pubblicato una lungimirante Comunicazione ad hoc, focalizzata su sette aree di azione: il sostegno alla ricerca interdisciplinare, il contrasto alla propaganda terroristica, la radicalizzazione in ambiente carcerario, la promozione dell’educazione e dei valori europei, il rafforzamento di una società inclusiva, aperta e resiliente, il coinvolgimento delle giovani generazioni e l’integrazione della dimensione internazionale e di sicurezza del fenomeno.

Nonostante le risposte immediate assunte a livello nazionale ed europeo, sovente sotto la pressione di opinioni pubbliche allarmate, la radicalizzazione jihadista rimane un fenomeno complesso e multi-dimensionale, tale da richiedere soluzioni di lungo periodo. Tra le possibili iniziative da porre in essere nel prossimo futuro, quattro priorità meritano adeguata attenzione da parte dei decisori politici, sia a Bruxelles che nelle singole capitali europee.

Anzitutto, è necessario contrastare il ruolo spesso determinante dell’ideologia jihadista nel processo di radicalizzazione, mediante un più stretto coinvolgimento della comunità di esperti nella messa a punto dei programmi di contrasto, la difesa di valori democratici fundamentali quali i diritti umani, la libertà di espressione e lo stato di diritto, il sostegno agli attori della società civile impegnati nel contrasto all’estremismo, e la costruzione di relazioni di collaborazione e fiducia reciproca con le comunità islamiche affette da tale fenomeno. In secondo luogo, la propaganda jihadista dovrebbe essere contrastata mediante misure volte ad individuare, segnalare e rimuovere contenuti estremisti online, campagne di contro-informazione mirata, e la formulazione di un discorso alternativo alla radicalizzazione condotto da messaggeri credibili quali ex foreign fighters, imam o giovani leader, nelle varie comunità affette. Ancora, è fondamentale approfondire la cooperazione intra-europea nel campo del contrasto alla radicalizzazione, mediante un maggiore grado di intelligence-sharing sia tra i Paesi europei quanto all’interno di questi, un più intenso e regolare scambio di pratiche e lezioni apprese tra operatori e decisori politici, con particolare riguardo a prevenzione e de-radicalizzazione, e la promozione di un dialogo più stretto tra comunità di policy ed opinione pubblica su questo tema. Infine, è importante che il contrasto alla radicalizzazione divenga un tema ricorrente nella politica estera e di sicurezza europea, mediante contributi appropriati alla ‘Coalizione Globale contro Daesh’, dialoghi tematici approfonditi con Paesi terzi ed uno sforzo multilaterale efficace con attori centrali quali Nazioni Unite, Consiglio d’Europa ed Organizzazione della Cooperazione Islamica, tra gli altri.

Il contrasto alla radicalizzazione jihadista resterà, con tutta probabilità, un obiettivo politico centrale per l’Unione nel prossimo futuro. Per l’Italia, che sta disponendo in questi mesi un quadro di policy più coerente ed articolato in materia, la dimensione europea può e deve rappresentare un utile complemento agli sforzi nazionali.

Andrea Frontini è Analista presso lo European Policy Centre di Bruxelles (Epc). Il presente articolo rielabora elementi di un volume in lingua inglese edito da Epc, European Foundation for Democracy (Efd) e Counter Extremism Project (Cep).