Dal nostro inviato. Con il contributo di Domenico Giovinazzo
Firenze – “È tempo di avviare una rivoluzione copernicana nel definire il nuovo bilancio europeo”, sostiene il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, alla settima edizione dello State of the Union, l’annuale appuntamento organizzato a Firenze dall’Istituto universitario europeo. “Dobbiamo ribaltare la situazione attuale”, ha aggiunto Tajani, sottolineando che bisogna “prima definire gli obiettivi politici, in termini di risposte ai problemi dei cittadini, e su questa base distribuire le risorse”, un’impostazione analoga a quella del governo italiano. Nelle intenzioni di Tajani, gli Stati membri, per definire il bilancio comune, dovrebbero superare la logica del “bilancino tra diversi interessi nazionali e l’ossessione per il giusto ritorno”, per generare quel “valore aggiunto superiore alla somma dei singoli ritorni nazionali”.
Tra i problemi elencati dal presidente spicca la disoccupazione giovanile e la richiesta di maggiore sicurezza, che si inserisce nella più generale richiesta di gestire il fenomeno migratorio. “Un’Europa seria e coesa è capace di avere una strategia per risolvere il problema dei migranti”, rimarca infatti l’italiano. Il titolare dello scranno più alto dell’Europarlamento tocca diversi temi: dalla maggiore competitività dell’industria europea, protesa verso investimenti “che creano sviluppo e stabilità”, alla questione della difesa comune europea, cui riserva un lungo passaggio del suo intervento. Sottolinea la necessità di partire dall’industria, con l’adeguamento degli standard militari per consentire una migliore collaborazione tra le forze degli Stati membri. Riguardo poi ai negoziati sulla Brexit, ripone la “massima fiducia” nel capo negoziatore della Commissione europea, Michel Barnier.
Brexit che indirettamente è il tema iniziale dell’intervento del presidente della Commissione, Jean Claude Juncker, il quale sferza subito i britannici con una battuta: “Parlerò in francese, anche perché l’inglese sta perdendo importanza in Europa”. Una bordata che conferma gli attuali rapporti difficili tra Bruxelles e Londra. Per maggiori dettagli sul negoziato per la Brexit, il lussemburghese rimanda all’intervento del capo negoziatorie Barnier, previsto nel primo pomeriggio. Però ci tiene a dire che “negozieremo in assoluta trasparenza coi nostri amici britannici”, facendo però presente che “non è la Ue ad abbandonare il Regno Unito, è il Regno Unito a uscire dall’Ue”.
Juncker ritiene la Brexit “una tragedia” avvenuta nonostante “i successi e la crescita” che in Europa sta tornando. Poi avverte che la disaffezione dei cittadini verso l’Ue, presente anche negli altri Paesi, dipende dalla “dimensione sociale sottosviluppata” dell’Unione europea. Per questo auspica il successo del “grande appuntamento” del prossimo novembre, quando in Svezia i leader europei proveranno a dare un definitivo impulso alla creazione del cosiddetto ‘pilastro sociale’.
Come Tajani, anche il capo dell’esecutivo comunitario sottolinea la necessità di progressi nel campo della difesa, “un settore dove facciamo meno di quanto potremmo”, dice. Perché spendiamo il 50% di qunato facciano gli Stati uniti e dovremmo essere almeno efficienti la metà degli americani”, ma “lo siamo solo al 15%”. Quindi bisogna “accelerare” verso “un approccio europeo grazie al quale possiamo risparmiare molti soldi ogni anno e aumentare l’efficienza della nostra difesa”.
Infine, soffermandosi sulla spinosa gestione dei flussi migratori, Juncker registra amaramente che “la grande assente in Europa è la solidarietà”. Riconosce al nostro Paese il merito di aver “fatto tutto ciò che poteva fare”. In questo modo “ha salvato e salva a tutt’oggi l’onore dell’Europa”, sostiene il lussemburghese invitando quindi gli altri Paesi membri a essere “più solidali, sia con l’Italia sia con la Grecia, perché non sono responsabili della loro posizione geografica” che li rende stati di frontiera dell’Ue. “Abbiamo preso delle decisioni” in materia di gestione comune dell’immigrazione, ricorda Juncker, “ma alcuni paesi membri non le rispettano”, aggiunge alludendo al sistema di redistribuzione dei rifugiati. “Se l’Ue non è capace di rispettare le sue stesse decisioni”, ammonisce, “saremo perduti”.
Nel corso dell’evento, anche il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, si è soffermato sul tema della sicurezza comune, citando il progetto – fallito negli anni ’50 – della politica di difesa comune lanciata da Alcide De Gasperi, sottolineando che la “sua attuazione, all’epoca, avrebbe consentito oggi di gestire meglio le sfide che attanagliano l’Europa, soprattutto nel mediterraneo”. Un progetto, quello di difesa comune, che “si sposa e non è in contrasto” con l’alleanza Nato, necessario per “aggiornare gli obiettivi dei padri fondatori europei di pace e prosperità”. In particolare, pace “vuol dire lotta al terrorismo” e prosperità “significa guardare in faccia ai disoccupati europei e dire loro che l’Europa non è la causa del loro problema, ma la soluzione”, ha aggiunto l’inquilino della Farnesina a margine dell’evento.
