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    Home » Politica » Anche gli accordi commerciali Ue possono combattere la discriminazione delle donne

    Anche gli accordi commerciali Ue possono combattere la discriminazione delle donne

    Intervista all'eurodeputata Alessia Mosca: le aziende a conduzione femminile rischiano di risultare svantaggiate da politiche commerciali non attente alle questioni di genere. Necessario approccio a 360 gradi per ridurre il divario tra uomini e donne

    Paola Tavola</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@PaolaTavola" target="_blank">@PaolaTavola</a> di Paola Tavola @PaolaTavola
    4 Settembre 2017
    in Politica
    Alessia Mosca, eurodeputata del gruppo dei Socialisti e democratici

    Alessia Mosca, eurodeputata del gruppo dei Socialisti e democratici

    Bruxelles – Rendere il commercio un’opportunità per le donne, e non un settore in cui prevalga il divario tra generi. Questa è l’idea dell’eurodeputata Alessia Mosca (S&D), promotrice di alcuni emendamenti sulla parità di genere nella proposta di bilancio dell’Unione Europea. Le misure proposte dall’eurodeputata socialista prevedono l’inserimento di un capitolo sull’impatto di genere in tutti gli accordi commerciali che verranno negoziati dall’Unione Europea e l’attivazione di un progetto pilota volto alla raccolta di dati disaggregati per genere, utili a valutare gli effetti di politiche e accordi commerciali.

    Approvati dalla commissione sul Commercio internazionale del parlamento europeo, prima di poter approdare alla plenaria di Strasburgo, gli emendamenti che Mosca ci spiega in questa intervista, dovranno ottenere il via libera dalla commissione parlamentare Bilanci.

    Eunews – In quale modo le misure da lei proposte e adottate in commissione contribuiranno a migliorare il “gender balance” all’interno del settore commerciale?

    Mosca – Innanzitutto bisogna partire dal fatto che mai, prima d’ora, sia stato manifestato un interesse nei confronti dei legami esistenti tra politica commerciale e politiche di genere. La questione è stata toccata per la prima volta dall’Organizzazione mondiale del commercio, che, soltanto lo scorso anno, ha realizzato diversi incontri su questo tema. Da alcuni studi, tuttavia, è emerso che anche la politica commerciale, come d’altronde sono tutte le politiche pubbliche, non è “gender neutral”, ma esercita impatti diversi sugli uomini e sulle donne. Sulla base di ciò, ci si è resi conto della necessità di adottare nuovi approcci  che tengano conto di tali differenze. Il problema è che, appunto, non essendo la tematica mai stata trattata, soprattutto grazie alla proposta relativa al progetto pilota, sarà possibile avere a disposizione dati e informazioni oggettive, utili per valutare l’impatto delle politiche che vengono attuate e, di conseguenza, utili per prendere decisioni e fare politiche giuste.

    E. – Perché risulta importante promuovere la parità di genere all’interno di un settore come quello del commercio internazionale?

    M. – La politica commerciale, spesso, se non si presta la dovuta attenzione alla questione, crea delle condizioni e dei meccanismi che vanno ad aumentare il divario già esistente tra i due generi, anziché ridurlo. Realizzare accordi commerciali a livello internazionale, ad esempio, può aiutare le aziende ad avere maggiori opportunità di crescita ed espansione. Tuttavia, spesso, sono proprio le donne a ritrovarsi svantaggiate da queste politiche a causa di alcuni “effetti collaterali”.

    E. – In termini concreti?

    M. – Ad oggi, appunto, sono ben pochi i dati a disposizione, ma in termini generali se guardiamo a quelle aziende che hanno una propensione all’export e che potrebbero essere avvantaggiate dalle politiche commerciali adottate dagli Stati, così come dall’Unione Europea, le aziende a conduzione femminile risultano essere di dimensioni molto piccole (spesso sono micro-imprese) e meno tecnologicamente avanzate, oltre a mostrare maggiori difficoltà ad ottenere credito. E questi, essendo tutti aspetti che pesano parecchio sul commercio internazionale, rendono molto complicato, a queste aziende, aprirsi reti commerciali estere. Dunque, se vogliamo che anche le aziende a conduzione femminile possano espandersi e beneficiare delle politiche commerciali, anziché subirne i dannosi effetti collaterali, dobbiamo avere una maggiore attenzione e studiare programmi di sostegno. E da qui, come già ribadito, nasce l’esigenza di ottenere dati disaggregati sui generi e maggiori informazioni sullo stato attuale delle cose.

    E. – Oltre alle politiche commerciali, vi sono altri settori in cui sarebbe necessario adottare prospettive più “gender sensitive”?

    M. – La questione centrale, qui, è comprendere che se si vuole raggiungere davvero la parità tra donne e uomini, è necessario adottare un approccio a 360 gradi e dunque tener conto delle questioni di genere in relazione a tutte le politiche, siano esse commerciali, industriali, energetiche o di altro tipo. Il rischio sarebbe quello di ottenere miglioramenti da una parte e, allo stesso tempo, regredire da un’altra.

    E. – Alcuni modi utili per sviluppare un approccio onnicomprensivo?

    M. – Quando le amministrazioni pubbliche si occupano di stilare i propri bilanci, a partire da quelle più piccole come i Consigli comunali, sarebbe utile tener conto della questione di genere. Ci sono, ad esempio, quelli che vengono definiti “bilanci di genere” che analizzano e valutano le politiche e gli impegni economico-finanziari delle amministrazioni in ottica di genere. Questi, costituiscono utili strumenti da cui partire per tener conto della parità di genere e “aggiustare il tiro” per migliorare l’impatto delle politiche.

    Tags: Alessia Moscabilanci di genereCommercio internazionaledonneOrganizzazione mondiale del commercioparità di generepolitiche commericali

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