Bruxelles – Sul coordinamento europeo della questione immigrazione non butta bene. Non una novità, ma chi sperava che le cose potessero muovesi rimarrà deluso. Soprattutto in Italia. Al fronte di Vysegrad (Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria) si unisce anche la Croazia nella pretese di gestione squisitamente nazionale della gestione dei flussi. Il primo ministro di Zagabria, Andrej Plenkovic si presenta in Consiglio europeo per la seconda giornata del vertice dei leader chiarendo che l’obiettivo del suo governo e del suo Paese è “aver un confine forte chiuso controllato dalla nostra polizia di frontiera, nel rispetto della nostra legislazione nazionale e degli standard europei”.
Niente ufficiali dell’Ue, dunque. Meno Europa e più Croazia. Il rischio di una ‘orbanizzazione’ della frontiera croata, con barriere e mura anti-migranti, non sembra essere del tutto remoto. Ma certo l’approccio croato contiene un altro significato. Non volere migranti e non volere l’Europa in questo ambito, implica nessuna idea di aiutare gli altri Stati membri. Messaggio chiaro all’Ue, che fino a una settimana fa ha spinto per avere un meccanismo comunitario obbligatorio di redistribuzione dei migranti, un messaggio chiaro per Grecia e Italia, lasciate sole a fare i conti con gli arrivi.
C’è anche la Romania, prossima presidente di turno del Consiglio Ue, a mettere la definitiva pietra tombale all’idea di solidarietà. “Le quote obbligarie di ricollocamenti non appare una buona soluzione”, taglia corto il presidente romeno, Klaus Iohannis. “Dobbiamo cercare altre soluzioni”, e per farlo “dobbiamo discutere ancora molto prima di trovare una strada comune”. Parole che segnano una continuità con la presidenza di turno prossima al termine, quella austrica.
Il massimo contributo dell’Austria è quello alla costruzione di una fortezza Europa dove nessuno possa entrare. Il cancelliere Kurz ribadisce la massima disponibilità a dare più poteri a Frontez, l’agenzia di guardia costiera e di frontiera, per rendere più impermeabile i confini esterni del territorio dell’Ue. “Ciò può contribuire a una diminuzione massiccia dell’immigrazione verso l’Europa”. L’interesse è a che i richiedenti asilo non vengano.
Ricapitolando: i quattro Paesi di Vysegrad non vogliono meccanismi obbligatori di solidarietà, la Croazia vuole agire a livello nazionale, l’Austria guarda solo ai confini esterni, la Romania chiude alle quote, la Francia ha già chiuso le sue frontiere in passato, Malta e Cipro sono troppo piccoli per poter accogliere, la Lettonia è tra i Paesi Ue che non hanno sottoscritto il patto dell’Onu per le migrazioni, la Danimarca nel 2018 non ha accettato alcun tipo di ricollocamento. In questo quadro la situazione si mostra chiaramente per quello che è: un problema irrisolvibile.