Bruxelles – Niente no deal. Il Parlamento europeo continua a sostenere la Brexit nella forma “disciplinata” conferitale già nel primo accordo di recesso. E lo fa con una relazione approvata a larga maggioranza (544 voti favorevoli contro 126 contrari e 38 astenuti), ribadendo i principi fondamentali del documento: la salvaguardia dei diritti fondamentali dei cittadini europei e britannici, l’irrevocabilità del backstop per mantenere lo status quo in Irlanda e rispettare l’accordo del Venerdì Santo tra Nord e Sud dell’Isola.
Il Parlamento ha inoltre ribadito che il Regno Unito dovrà assumersi l’assoluta responsabilità di un’eventuale no deal, che comunque non esenterebbe i britannici dagli obblighi finanziari già contratti con l’Ue. Quanto a un’eventuale proroga della data di recesso ora fissata al 31 ottobre in base all’articolo 50 del Trattato Ue, necessaria a portare a compimento i negoziati di recessione del Regno Unito, il Parlamento si è detto disponibile a valutarla, “purché vi siano giustificazioni concrete, come evitare un no deal, tenere delle elezioni o un referendum”, ha spiegato Manfred Weber, capogruppo del Partito popolare europeo (PPE). Dello stesso avviso Philippe Lamberts, presidente dei Verdi: “Se non si raggiungerà un accordo al prossimo vertice del Consiglio europeo di ottobre – ha affermato – l’Ue deve valutare un’estensione dell’articolo 50”. E ha aggiunto: “Finora alternative ragionevoli non sono state avanzate da Boris Johnson, ma è certo che l’Ue non appoggerà in alcun modo il no deal”.
L’idea prevalente è quella di un’Europa che non rinuncia all’unità, anche a costo di divorzio con uno dei suoi Stati membri. L’ha detto chiaramente Guy Verhofstadt, dei liberaldemocratici (ALDE): “Durante le elezioni europee è stato diffuso un chiaro messaggio: l’Europa va riformata, non distrutta, ed è per questo che oggi la maggior parte dei presenti è contraria alla Brexit. L’unico vantaggio che questa avrà sarà quello di riunire gli europei, ridando energia e vigore al continente”. Difendere l’Unione e chi la vuole. E’ il messaggio giunto dalle file dei socialdemocratici e sostenuto dalla capogruppo, Iratxe Garcia Pérez: “La nostra priorità assoluta è garantire protezione ai cittadini europei che vivono nel Regno Unito e a quanti abitano nell’Irlanda del Nord. Non devono pagare loro il prezzo dell’incapacità di certi governanti”. Dello stesso avviso Martin Schirdewan, presidente della Sinistra: “Invece di distruggere l’Europa – ha detto rivolgendosi ai brexiteers – pensate alla crisi che state generando nel Regno Unito. Crisi di cui pagheranno le spese lavoratori e pensionati!”.
L’accordo per una Brexit “ordinata”, rassicurante per i britannici e per gli europei, ha incontrato il favore dei Conservatori e riformisti, che con Geert Bourgeois chiedono “di mettere crescita, economia e globalizzazione al primo posto, pensando a un’Unione che guarda al progresso”. Fuori dal coro e schierato a difesa di chi all’Unione rinuncia, Marco Zanni, presidente di Identità e democrazia, che ha spiazzato quanti, prima di lui, deploravano in toto la Brexit: “La decisione dei britannici di lasciare l’Ue deve farci riflettere: a Bruxelles sono stati commessi degli errori nel gestire i negoziati e dobbiamo esaminarli”.
Poi, circondato da bandierine del Regno Unito, Nigel Farage si è rivolto al caponegoziatore Brexit dell’UE, Michael Barnier: “Questo accordo, anche con il backstop, è un pessimo accordo. E la sua parte peggiore è che ogni futura relazione tra Gran Bretagna e Ue si baserà sulla fiducia, sul fatto che noi ci mettiamo nelle vostre mani. Avete forse paura che rompiamo con il mercato europeo? Che diventiamo più competitivi e benestanti? Certo che lo saremo!”. Il suo gruppo è più che mai pronto a lasciare l’Ue, ma non lo sono Martina Anderson (Northern Ireland for Sinn Fein), Seb Dance (socialdemocratici) e Jill Evans (verdi), che hanno parlato a nome dei milioni di cittadini del Regno Unito, chiedendo rispetto per loro e il loro futuro.