Bruxelles – L’Europa è sotto scacco. La Turchia minaccia di invaderla di migranti, quegli stessi migranti che l’Europa aveva affidato al governo di Ankara non più di quattro anni fa, nel picco della crisi dei flussi migratori. Un accordo che si è trasformato nello strumento con cui scardinare la tenuta del club dei Ventisette. Il nuovo sultano di Turchia, Recep Tayyip Erdogan minaccia l’UE. E proprio al presidente turco si rivolge il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis. Dice che “la Grecia e l’Europa non possono essere ricattati”, però è esattamente quello che sta accadendo.
“La Turchia, in piena violazione della dichiarazione sottoscritta con l’UE, ha incoraggiato e assistito sistematicamente decine di migliaia nell’ingresso illegale in Turchia”, denuncia il capo di governo ellenico nel corso della conferenza stampa organizzato nella regione di Evros, lungo la frontiera curda, con i presidenti delle istituzioni comunitarie. “Questo non è più un problema di rifugiati, è un plateale tentativo della Turchia di usare persone disperate per promuovere la propria agenda geopolitica”. Accuse dirette, pesanti, contro chi viene considerato “il trafficante ufficiale dei migranti verso l’UE” allo scopo di dividerla. “Le decine di migliaia di persone che in questi ultimi giorni hanno cercato di entrare in Grecia non vengono da Idlib, ma vivevano da lungo tempo già in Turchia”.
Il leader greco svela il gioco di Erdogan. Non si tratta di nuovi profughi proveniente dalla Siria, lungo il confine greco-turco si riversano e si ammassano quanti già vivevano nei campi profughi turchi. “Molti di loro parlano fluentemente turco”, continua Mitsotakis. Accanto a lui, i presidenti di Consiglio, Commissione e Parlamento Ue, e Andrej Plenkovic, altro primo ministro, della Croazia presidente di turno del Consiglio. E’ questi a lanciare l’allarme. Quello che si registra alla frontiera greco-turca è “un deterioramento” della situazione che pone le basi per “una crisi potenziale” di migranti come quella avuta nel 2015, una crisi che l’Europa non può permettersi perché non in grado di gestirla.
La conferenza stampa ha voluto mandare un segnale, un messaggio politico. L’Unione europea si mostra unita, nonostante per tutto questo tempo si sia mossa in ordine sparso sull’immigrazione. Non c’è ancora alcuna solidarietà, oltre la retorica svuotata di significato dai fatti, tra i governi. Lo sa bene il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, che non a caso chiede “una politica migratoria comune, con una strategia per i minori non accompagnati”. In Europa, dice, “occorre fare di più”. Un monito agli Stati, finora incapaci di trovare una quadra.
Nell’incapacità di agire, l’Europa militarizza i suoi confini esterni. La presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, annuncia attraverso il meccanismo di risposta rapida e l’Agenzia di guardia costiera e di frontiera (FRONTEX) l’invio di 100 guardia di frontiera, una nave d’altura, sei navi costiere, due elicotteri. Il tutto per presidiare la frontiera greca “che è anche frontiera europea”. Sì, “le preoccupazioni greche sono le nostre preoccupazioni”, riconosce von der Leyen. Sulla Grecia la solidarietà europea si è già infranta due volte, con la crisi della moneta unica e la crisi migratoria. Si vuole evitare di ripetere l’esperienza, che invece si ripresenta su iniziativa di Ankara.