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    Home » Politica Estera » “Schiaccia il bacarozzo”: la Bielorussia al voto. Borrell: “Lukashenko rilasci attivisti e giornalisti”

    “Schiaccia il bacarozzo”: la Bielorussia al voto. Borrell: “Lukashenko rilasci attivisti e giornalisti”

    La tornata elettorale è già cominciata nel Paese e all’estero. Sono elezioni di portata storica, i bielorussi vogliono un cambiamento e manifestano pacificamente, ma sono pronti alla rivoluzione

    Anita Bernacchia</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/@AnitaEflak" target="_blank">@AnitaEflak</a> di Anita Bernacchia @AnitaEflak
    7 Agosto 2020
    in Politica Estera

    Bruxelles – Conto alla rovescia per conoscere il responso delle elezioni presidenziali in Bielorussia domenica 9 agosto, che vedono il presidente uscente Lukashenko affrontare Svetlana Tikhanovskaya e altri candidati che, nonostante gli arresti ingiustificati di altri loro concorrenti, sono riusciti ottenere in ultima istanza la registrazione ufficiale dalla Commissione elettorale. Si tratta dell’ex parlamentare Anna Kanopatskaya, del presidente del partito socialdemocratico bielorusso Hramada Sergei Cherechen e di Andrei Dmitriyev, copresidente dell’associazione Tell the Truth.

    Il 4 agosto 7 milioni di cittadini bielorussi hanno già cominciato a votare nei quasi seimila seggi allestiti in tutto il Paese e all’estero, dove si recheranno alle urne più di cinquemila persone. Sono elezioni molto attese, per diversi motivi. Per la prima volta dal 1995, ultimo anno in cui, secondo l’OSCE, il Paese ha conosciuto elezioni democratiche, la Bielorussia potrebbe assistere a una svolta politica in senso democratico. Inoltre la principale avversaria di Lukashenko è una giovane e moderna donna di 37 anni – e donne sono anche le sue responsabili di campagna – , immagine che collide con quella stantia dell’icona post-sovietica rappresentata dal suo concorrente.

    Ma l’onda dell’entusiasmo che travolge le piazze bielorusse non deve lasciar sperare in una vittoria di Tikhanovskaya sicura al 100%. Lukashenko ha perso consensi ultimamente, anche per aver negato l’esistenza del coronavirus, pur a fronte dei tanti contagi registrati nel Paese. Secondo lui, il Covid19 sarebbe una psicosi collettiva, tutt’al più guaribile “con un po’ di vodka e aria pulita”.  Da politico scaltro quale purtroppo è, il dittatore bielorusso, afferma l’analista Valerij Karbalevich, che su Lukashenko ha scritto, farà competere la sua avversaria fino alla fine, per non fare l’errore commesso con l’arresto di due candidati influenti, e sicuro di poter fare affidamento su un “ampio apparato statale, le forze dell’ordine e schiere di pensionati”. Inoltre, per non provocare oltre i suoi sostenitori, protagonisti della “rivoluzione delle ciabatte“, come sono ormai note le manifestazioni in corso nel Paese. Tikhanovskij, marito di Svetlana ora in prigione, aveva infatti soprannominato Lukashenko “uno scarafaggio dai lunghi baffi”, come quello di una filastrocca per l’infanzia. Collocata una enorme ciabatta sul tetto della macchina, se ne andava in giro esortando i concittadini a “schiacciare il bacarozzo” e a votare per lui.

    E’ un 9 agosto che l’Europa attende con interesse, ma anche con preoccupazione.
    Il longevo presidente ha infatti fatto orecchie da mercante quando un mese fa Josep Borrell ha chiesto elezioni libere e l’invio degli osservatori elettorali indipendenti dell’OSCE, ai quali Lukashenko ha comunque da allora impedito di entrare nel paese, così come alla stampa estera. Ma ci sono ancora le ONG locali che potranno dare il segnale dall’allarme se ci sarà sentore di brogli elettorali.

    Oggi l’alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell’UE è tornato a spendere parole sulla Bielorussia, lodando “l’impegno pacifico e senza precedenti” del suo popolo, denunciando nuovamente “le restrizioni inaccettabili alla libertà di stampa e di assemblea e l’arresto di manifestanti, osservatori interni, giornalisti e attivisti” perpetrate dal regime di Lukashenko. E’ dunque ancora forte l’appello dell’UE alle autorità di Minsk a garantire “l’esercizio dei pieni diritti politici dei candidati, evitando di usare la forza“, e a rilasciare all’istante tutti coloro che sono stati arrestati per motivi politici. “I diritti umani e la democrazia”, dice ancora l’alto rappresentante, “resteranno la base dell’approccio politico dell’UE nei confronti della Bielorussia”.

    Un appello condiviso dal presidente del PPE Donald Tusk, che esprime il suo orgoglio e quello del suo partito nei confronti del “coraggio e della determinazione” di chi si sta recando alle urne e manifesta senza usare violenza. Per Tusk, siamo davanti a “una società europea che si riflette nel volto di una donna giovane e moderna“, sostenuta anche dal Partito cristiano-democratico bielorusso e dal Partito civico unito, membri della famiglia dei partiti popolari.

    Si tratta di elezioni di portata storica, poiché riuniscono le istanze di “tutte le generazioni e le regioni, che combattono per i diritti europei, libertà, giustizia e stato di diritto, democrazia e dignità”. Da polacco che ha conosciuto il regime comunista, è ben consapevole quanto sia importante costruire una Bielorussia “indipendente, sovrana, libera e pacifica”, che sia un vicino importante dell’Unione europea, e “una società a misura di tutti i cittadini”, operando soprattutto per il bene dei nostri figli.

    Quali sono le alternative all’indomani del 9 agosto? Secondo Emerging Europe, succederà sicuramente qualcosa, a prescindere che Lukashenko venga riconfermato o perda.
    Nella mente del dittatore, per mantenere un’accettabile reputazione non potrebbe permettersi di ottenere meno dell’80% dei voti o giù di lì. Le previsioni, tuttavia, lo situano al 47-48%, con Tikhanovskaya subito dietro al 20-25%. Se così sarà e i bielorussi non disperderanno i voti sugli altri tre candidati, si andrà al ballottaggio tra i due il 23 agosto, cosa che potrebbe dare al presidente uscente tempo ulteriore “per continuare a silenziare l’opposizione e a vendersi come il solo candidato in grado di salvare la Bielorussia dagli stranieri e dall’anarchia”.

    E se Lukashenko dovesse ottenere più della metà dei voti? Potrebbe allora esserci una rivolta dell’opposizione unita e una rivoluzione popolare, specie se la vittoria derivasse da più del 70% dei voti, ovvero “un risultato ottenuto con metodi fraudolenti”, come di consueto. Sì, dopo Ucraina, Armenia, Georgia e altri paesi sarebbe arrivato anche il turno della Bielorussia, dicono alcuni. Il presidente abusivo dovrebbe allora dimettersi, ma è probabile invece che soffochi la rivoluzione, come già aveva fatto alle elezioni del 2010.

    Dice Tikhanovskaya a Euronews, “l’alternativa sono le manifestazioni, ma non vorremmo farlo, perché la polizia picchierà i manifestanti. Ma non si può, perché il nostro popolo vuole il cambiamento, forse non accadrà oggi, forse accadrà tra qualche mese, ma il nostro popolo non vuole più questo presidente. Anche se truccherà le elezioni, sono certa che i miei concittadini non lasceranno che guidi il Paese per un altro mandato“.

    Tags: BielorussiaDonald Tuskelezioni presidenzialijosep borrellLukashenkoppeTikhanovskayaunione europea

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