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    Home » Opinioni » La politica Estera dei Verdi. Tra fedeltà all’atlantismo e la bussola dei diritti umani

    La politica Estera dei Verdi. Tra fedeltà all’atlantismo e la bussola dei diritti umani

    Uski Audino si occupa della politica estera dei Verdi tra Unione Europea e rapporto con Stati Uniti, Russia e Cina

    Redazione</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/eunewsit" target="_blank">eunewsit</a> di Redazione eunewsit
    12 Aprile 2021
    in Opinioni, Politica

    Di Uski Audino

    Qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di prestato. L’antico andante per vestire la sposa riassume in modo efficace l’abito scelto dai Verdi in politica estera per presentarsi alle elezioni federali di settembre, con la fondata speranza di andare al governo. ‘Qualcosa di vecchio’ è la richiesta “storica” di una riduzione delle armi atomiche e di un controllo sull’export dei sistemi di Difesa, stavolta declinato in chiave europea. ‘Qualcosa di nuovo’ è l’allineamento agli Usa nei confronti di Cina e Russia in cambio di un impegno degli Stati Uniti sugli obiettivi climatici. ‘Qualcosa di usato’ è la sostanziale continuità con la politica estera dell’attuale Große Koalition, che vede la Germania radicata in Europa, nel solco dell’asse franco-tedesco, fedele rappresentante dell’Alleanza atlantica, propensa a un’estensione dell’Ue a Est.

    Mentre l’opinione pubblica tedesca discute su chi sarà tra 10 giorni il candidato dei Verdi alla Cancelleria tedesca, tra il 51 enne ex ministro dell’Ambiente nel Land dello Schleswig-Holstein Robert Habeck o la 40 enne Annalena Baerbock, agguerrita ma senza esperienza di governo, mentre le tifoserie si fanno sentire (Habeck ha dalla sua l’endorsement di Daniel Cohn-Bendit e del riconfermato governatore del Baden-Wuerttemberg Winfried Kretschmann), la bozza di programma elettorale uscita il 18 marzo scorso presenta in sintesi le direzioni in cui si vuole muovere il partito ambientalista, anche sul piano europeo e internazionale.

    Nelle 134 pagine della bozza di programma, undici sono dedicate alla politica europea e alla politica estera. Lo stesso “peso” che trova nel programma di Spd. Gli accenti però sono diversi e il grado di specificità delle proposte di riforma delle istituzioni europee contenute nel capitolo “Continuiamo a costruire l’Europa” non ha paragone con quelle dei programmi degli altri grandi partiti tedeschi. Non ci si limita a parlare di “democratizzare” la Ue, ma si dice anche come.

    I punti di convergenza con i socialdemocratici sui temi europei sono due: entrambi puntano su un’integrazione europea che porti ad una “Repubblica federale europea”, ed entrambi vogliono il rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo e chiedono di affidare all’istituzione europea l’iniziativa legislativa. Un elemento che accomuna invece i Verdi e i due partiti di governo tedeschi, Cdu e Spd, è la comune volontà di superare le decisioni prese all’unanimità a favore di un voto a maggioranza che migliori la capacità di azione europea. Le convergenze però finiscono qui. I Verdi si spingono oltre e chiedono “un Parlamento che decida in tutti i settori su un piano di parità con il Consiglio” (europeo), con “forti poteri di bilancio” e con la facoltà di “poter eleggere la Commissione su proposta del*a presidente di Commissione”. In sostanza i Verdi intendono portare al centro della politica europea un organo elettivo come il Parlamento, riposizionando gli equilibri rispetto all’organo deputato a rappresentare i governi, il Consiglio europeo. Last but not least: alle elezioni per il Parlamento Ue, gli elettori dovrebbero poter votare per un capolista candidato alla presidenza della Commissione e in futuro una parte dei deputati dovrebbe poter essere eletto in liste trans-nazionali europee. Obiettivo finale “è sviluppare le istituzioni europee in direzione di un sistema bicamerale”, si conclude nella sezione dedicata all’Europa della bozza di programma.

    Annalena Baerbock e Robert Habeck – ©Marcus Fieber

    Il programma presenta due elementi di novità orientati alla bussola dei diritti umani, che percorre da cima a fondo l’orientamento verde in politica estera. Il primo riguarda i diritti fondamentali descritti nella Carta di Nizza dei diritti fondamentali della Ue e si chiede che si possano far valere in sede giudiziaria contro gli stessi Stati nazionali. “Vogliamo che la Carta Ue sui diritti fondamentali sul lungo periodo possa essere fatta valere contro gli Stati nazionali in modo da rafforzare i diritti dei cittadini”, si scrive nel documento. Questo comporterebbe che “il resoconto annuale sullo stato di diritto (ndr: nei 27 Stati membri) deve essere seguito da misure concrete, comprese le procedure di infrazione e la mancata elargizione dei sussidi”. Dopo le difficoltà incontrate con Polonia e Ungheria lo scorso autunno durante le lunghissime trattative sulla clausola dello Stato di diritto e i finanziamenti Ue, è difficile immaginare di stabilire un simile automatismo con i Paesi di Visegrad al tavolo delle trattative. Al tempo stesso però mette in chiaro come intendono i verdi l’ Unione europea, “una comunità di valori” prima ancora che di interessi. Sempre seguendo la rotta dei diritti fondamentali si capisce la seconda richiesta “nuova” dei Verdi nella politica europea: dare alle Ong uno status comune Ue per fornire un ombrello giuridico alle iniziative provenienti dalla società civile. “Uno status di associazione europea con regole chiare sulla fondazione, lo status non profit e lo scioglimento metterebbe le associazioni europee sotto la protezione dell’UE e le sottrarrebbe all’arbitrio nazionale” si legge nel documento. Un modo di rispondere alle vicende dei salvataggi in mare di questi ultimi anni nel Mediterraneo, che hanno visto Ong europee confrontarsi con il governo italiano.

    Sul piano internazionale i verdi chiedono di imprimere un’accelerazione alla politica estera tedesca: “è il momento di portare avanti una politica estera attiva” proiettata verso il “multilateralismo e una coerente politica orientata ai valori”. Resta salda infatti la bussola dei diritti umani “un obbligo del diritto internazionale e la base inalterabile di una politica internazionale”. La “cooperazione internazionale” deve essere “europea, nel solco di una cooperazione franco-tedesca affidabile, transatlantica e nel quadro delle Nazioni Unite”. Queste direttrici non si discostano dal solco che ha orientato finora i partiti conservatori tedeschi nella loro proiezione internazionale. La Ue rispetto al resto del mondo si deve porre come “forza di pace” e come “comunità di valori”. Niente di nuovo rispetto all’imprinting merkeliano dell’ultima legislatura.

    Come si pongono i verdi rispetto al dibattito su una politica europea nei confronti di Cina e Russia? Prendono il testimone di Merkel a favore di una politica orientata ad una prudente costruzione di un’autonomia europea oppure si mettono in scia con gli Stati Uniti? La domanda non trova una risposta chiara nel programma dei Verdi, ma tre indizi fanno propendere per un riallineamento atlantico patteggiato in cambio di un impegno sul clima.

    Russia e Cina, definiti insieme come “Stati autoritari”, non possono essere affrontati da soli: “la competizione sistemica con gli stati autoritari e le dittature è reale, lasciando a volte solo la scelta tra la padella o la brace – e presentandoci dei compiti così grandi che qualsiasi forma di andare in solitaria sarebbe destinata a fallire”. Solo in alleanza, si può andare avanti, dicono i Verdi. Ma alleanza tra chi? La domanda viene lasciata aperta. Il secondo indizio mette l’accento su un accordo necessario per trattare con gli “Stati autoritari”: “vogliamo lavorare insieme per la protezione globale dei diritti umani e per un ordine mondiale basato sulle regole. Questo include un accordo su come trattare con stati autoritari come la Cina e la Russia”. Ma accordo con chi? Tutto lascia intendere che siano gli Stati Uniti l’attore con cui è necessario stringere alleanze e prendere accordi. “Il partenariato transatlantico rimane un pilastro della politica estera tedesca, ma deve essere rinnovato, inquadrato in termini europei, multilaterale e orientato verso chiari valori comuni e obiettivi democratici”. La prima frase è quella che mette in rilievo la linea di continuità della politica estera dei verdi rispetto al passato. L’elemento di novità invece è quello che lega la rinnovata alleanza transatlantica alla politica climatica: “Al centro di una rinnovata agenda transatlantica dell’Ue, proponiamo un forte slancio comune per una politica climatica globale, sulla base degli obiettivi di Parigi”.

    I due paragrafi che affrontano il tema Cina e Russia sono una lunga lista di desiderata che hanno come asse i diritti umani. “La cooperazione con la Cina non deve avvenire a spese dei paesi terzi o dei diritti umani e civili” si scrive. Nei confronti della Russia, “sempre più aggressiva nel minare la democrazia e la stabilità nell’Ue e nei paesi vicini”, i verdi intendono sostenere i movimenti democratici della società civile mentre sono ostili all’allentamento delle sanzioni e sono favorevoli all’abbandono del progetto di Nord Stream 2. La politica dei Verdi nei confronti dell’Est è in continuità con la politica estera della Grosse Koalition, e su Nord Stream 2 si allinea alle posizioni dell’ala più atlantica della Cdu-Csu.

    Anche nella politica di vicinato i verdi non si discostano dalle direttrici che orientano da anni la politica tedesca: favorevoli ad un ingresso nella Ue di Macedonia del Nord e Albania, sostenitori dei movimenti democratici in Armenia, Georgia, Ucraina e Bielorussia, lasciando aperta la possibilità a nuovi allargamenti della Ue. Con i paesi a sud del Mediterraneo si vuole puntare a costruire un partenariato energetico. La novità rispetto alla linea governativa riguarda l’accento critico verso la Turchia. In particolare per i mancati passi avanti nell’affrontare la questione curda, per “l’inversione di rotta” su diritti umani e stato di diritto e per l’accordo Ue-Turchia sui migranti. “L’attuale accordo Ue-Turchia mina il diritto internazionale in materia di asilo, è fallito e deve essere abbandonato”. Sarebbe necessario un nuovo accordo che garantisca un’accoglienza maggiore nella Ue dei rifugiati “bisognosi di protezione”. Altro elemento nuovo riguarda il partenariato con l’Africa. “Il futuro sta in una politica dell’Africa che si liberi dagli schemi del pensiero coloniale e patriarcale e che allo stesso tempo prenda sul serio la responsabilità europea verso il continente” si legge. In discussione ci sono i contratti commerciali poco fair e lo sfruttamento delle risorse. Al centro della politica europea sull’Africa ci dovrebbe essere il sostegno ad una trasformazione “social-ecologica” e il sostegno dell’Agenda 2063 dell’Unione Africana.

     

    Questo approfondimento fa parte della collaborazione di Eunews con Derrick, newsletter settimanale che indaga la Germania in vista delle elezioni del Bundestag di settembre 2021.

    Tags: elezioni germania 2021

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