Bruxelles – Piani nazionali per la ripresa, il Parlamento europeo vuole avere il suo diritto di parola. La Commissione europea ha fin qui ricevuto le strategie di 18 Stati membri, avviando i lavori di studio e analisi dei percorsi di riforme e investimenti per il rilancio delle economie dopo la pandemia di COVID. Le valutazioni, con annessa decisione sull’eventuale concessione dei fondi europei del recovery fund, sarà trasmessa al Consiglio, ma il Parlamento non intende rimanere estromesso dal processo.
A chiedere l’inclusione tutti i principali gruppi del Parlamento europeo, a cominciare dal PPE. “Vogliamo investimenti nel futuro, non nel passato”, scandisce il capogruppo dei popolari europei, Manfred Weber, in occasione del dibattito in Aula. Per essere certi che gli Stati utilizzino risorse comuni nel modo giusto “vogliamo vedere come sono spesi i soldi”, ma fin qui “c’è carenza di trasparenza“, che impedisce di avere una quadro della situazione. Anche i socialisti chiedono trasparenza per verificare che “il recovery fund sia usato per costruire fiducia nelle istituzioni europee”, ma, avverte la capogruppo S&D Iratxe Garcia Perez, “non dobbiamo insistere su questo discorso perché rischia di alimentare l’euroscetticismo”.
A incalzare l’esecutivo comunitario anche liberali e sinistra radicale. “Abbiamo fiducia in voi” commissari europei, “ma la fiducia non può sostituire il controllo“, sostiene il capogruppo di Renew Europe, Dacian Ciolos. “IN quanto autorità di controllo di bilancio, vogliamo verificare”. E’ sulle attribuzioni che i trattati conferiscono al Paralmento sul bilancio che insiste anche l’esponente del gruppo della Sinistra (ex GUE), Dimitrios Papadimoulis. Le richieste di coinvolgimento “non rappresentano nulla contro la Commissione, quanto l’esercizio del diritto di controllo”.
Paolo Gentiloni rassicura. “La presentazione dei piani nazionali è solo il primo passo, adesso conta l’attuazione. In questo velocità e controllo possono coesistere, e quindi devono”, le parole del commissario per l’Economia, che ricorda che trattati e impegno profuso in sede negoziale di recovery fund “ci obbligano” a rendere conto al Parlamento.
Nel dibattito irrompe anche Antonio Tajani. Il presidente della commissione Affari costituzionali suggerisce la possibilità di prevedere “flessibilità dei programmi” per poterli adeguare in corso d’opera alle circostanze, “dopo verifiche”. L’esponente di Forza Italia insiste sulla necessità di procedere in questo senso. “L’Italia dovrebbe chiedere questa flessibilità“, spiega a margine dei lavori parlamentari. “Non sappiamo alla fine di questa guerra dove saranno le macerie”, e dunque va prevista la possibilità di usare al meglio le risorse. Ovviamente, precisa Tajani, “questa flessibilità non va usata in maniera semplicistica”.